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È dettato cristiano essere gli uomini tutti figli di Dio, quindi di uguale dignità. Pure è altrettanto vero che le occasioni e le circostanze della vita ci forgiano differentemente, ognuno, quindi, poi con una individuale incisività sociale, buona o cattiva. Ben vengano, allora, le parole di cordoglio in occasione della dipartita di chicchessia, ma questo non autorizza certo poi anche a mitizzare il personaggio e la sua incidenza sul mondo, che questo avvenga per gratuità encomiastica, misera piaggeria, scaltro opportunismo o compiaciuta visibilità. Ci si chieda quanta onestà intellettuale, morale e civile c’è nelle lodi sperticate, profondamente acritiche che tanti fanno a gara ad elargire attraverso i mezzi di comunicazione di massa in occasione del ricordo di un personaggio famoso. Nel mondo della musica, alla morte ed in occasione dell’ anniversario della scomparsa del grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli, latelevisione produsse e mandò in onda documentari e servizi giornalistici ancor oggi facilmente visibili su rete informatica dove persone del mondo della musica e figure vicine alla vita privata del maestro enfatizzano racconti, aneddoti e vicende che, analizzati con un minimo di sano senso critico, al di là dell’effetto che possono sortire sul pubblico più minuto, sprovveduto ed ingenuo, specialmente sulle menti più giovani e malleabili, non fanno altro che rendere l’immagine di un infelice ossessionato in misura chiaramente maniacale per l’accuratezza esecutiva e la messa a punto del suo strumento musicale, un insicuro la cui forma e sostanza delle risposte date nel corso di interviste non rendono miglior gloria. Chi racconta di essere andato in pellegrinaggio nei pressi della baita dove il pianista bresciano talvolta alloggiava, con la speranza di poterlo già solo intravedere, e ne descrive l’apparizione come una visione quasi ultraterrena; chi dichiara compiacimento quasisensuale nel toccare la tastiera del pianoforte appartenuto all’inclito artista; chi rievoca di aver avuto un buffetto sulla guancia da quel sommo musicista ed averne percepito in quel gesto l’incredibile forza delle dita; chi dei concerti annullati perché i fiori sistemati ad ornamento del palcoscenico avevano alterato l’umidità dell’aria e quindi la risposta acustica dell’ambiente; chi di una esibizione in procinto di essere disdetta per un’ infame pellicina spuntata sulle mani dell’artista; chi di accordature lunghe ore che lasciavano inspiegabilmente scontento il pretenzioso maestro fino a scoprire, smontando nuovamente il pianoforte, di un microscopico residuo posatosi su un martelletto, di cui solo lo straordinario artista percepiva all’ascolto la presenza. L’elenco sarebbe tento lungo quanto è pittoresco. Si sta parlando di un uomo in carne ed ossa, pianista incontestabilmente notevole, ma che pur non riesce a lasciarsi dietro le spalle musicisti meno ossessionati epretenziosi, che vanno sotto il nome di Artur Rubinstein, Wladimir Horowitz, Emil Gilels, Sviatoslav Richter, per dirne solo qualcuno. Si confrontino, all’uopo, l’esecuzione degli stessi brani musicali affidati alle mani del nostro e a quelle di altri suoi illustri colleghi, come la sonata in re minore K. 9 di Domenico Scarlatti suonata da Aldo Ciccolini, la sonata op. 2 n. 3 di Ludwig van Beethoven eseguita da Emil Gilels, la sonata op. 4 dello stesso autore interpretata da Sviatoslav Richter, e tante pagine di Fryderyk Chopin donateci dalle dita di Rubinstein e di Horowitz e se ne valutino le differenti capacità di coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore. E se i risultati conseguiti da Arturo benedetti Michelangeli non superano quelli di quegli altri pianisti, tutta il suo maniacale perfezionismo non può che giocare a suo sfavore. La parola, comunque profferita, è un’altissima responsabilità, perché la parola formula pensieri ed i pensieri cambiano gli uomini ed il mondo, ancorpiù delle macchine e di ogni altra sorta di tecnologia. Basta pensare all’incidenza che hanno avuto, e tutt’ora hanno, sul mondo occidentale figure come Socrate, Platone, Aristotele o Gesù. Lasciamo le favole ai bambini, a patto però che, prima che diventino adulti, gliele si svelino. Che queste parole possano allora contribuire a stornare superficialità di asserti, piccolezza di giudizio e vacua retorica, gioverà a quanti si avvicinano con le migliori intenzioni alla conoscenza di un personaggio o di una disciplina, non sono certo pochi, ed il loro potenziale è incalcolabile.
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