Si sa, l’arte è misura della sua epoca. In ambito musicale, nel XVIII secolo, periodo illuminista, dove il più prepotente credo era la ragione, i musicisti aderivano fortemente a schemi formali precostituiti, la sonata, il concerto, la sinfonia, adattando la loro più individuale ispirazione, il loro più intimo lirismo, alle precise geometrie degli schemi allora canonicamente riconosciuti, mentre, in piena temperie romantica, l’ispirazione emozionale avrà la meglio sul rigore formale, forzandolo di volta in volta, e allora sì sonate, concerti, sinfonie, ma realizzate con libertà occasionali, oppure uso di schemi compositivi di nuovo conio, o, ancora, nobilitazione di semplici forme popolari. L’avvento della rivoluzione industriale modificherà il mondo sonoro del musicista, alla palese ispirazione naturalistica di notturni o barcarole, di composizioni come “Le quattro stagioni” di Antonio Vivaldi o il suo concerto “Il gardellino” , de“Il volo del calabrone” di Nikolai Rimskij- Korsakov o di “Anni di pellegrinaggio” di Franz Liszt, si andranno aggiungendo sonorità aspre, meccaniche, e ritmi aggressivi ed ossessivi, si pensi già solo alla Toccata op. 11 per pianoforte di Sergej Prokofieff, a rievocare, consciamente o meno, suoni di fabbriche e di motori. Oggi, in epoca di omologazione e manipolazione, più o meno occulta, delle masse, di grande trascuratezza nei confronti dei valori più squisitamente umani, di bieco individualismo, nonché sfrenata e schiacciante attenzione tecnologica, l’arte contemporanea documenta lo sfacelo morale tradendo la bellezza spontaneamente percepita di un’autentica opera d’arte a favore di una sedicente concettosità, sgraziata ed avvilente. Un mondo dell’arte brutto, frustante, irritante, alienante, disarmonico, che alla parola “bello” sostituisce un intellettualistico “interessante”, e che certifica un mondo umano decadente, di passivi consumatori chiusi in casa a seguire partite dicalcio in gran quantità, spettacoli demenziali che non contenti di lasciare il tempo che trovano inducono l’utente a rimbecillire o patetiche discussioni dove l’aggressività ed il cattivo gusto la fanno da padroni. Anche la socialità è appannaggio tecnologico, con amicizie rivolte a persone anche lontanissime, persino virtuali, ignorando poi, paradossalmente, chi si ha di fronte. Ma la storia insegna, almeno per chi ha orecchie per intendere. Secoli fa la scuola musicale napoletana imperava grazie anche all’invenzione cinquecentesca, tutta partenopea, dei conservatori di musica ed al fatto che gli studenti di queste istituzioni dovevano sostenerle con il proprio lavoro, cantando, suonando e componendo. Per chi? Per le classi nobiliari e per la Chiesa. Equivalente di un attrezzato laboratorio per uno scienziato, è il pubblico per un artista. I risultati sono stati ben palesi. Innumerevoli i grandi nomi della scuola musicale napoletana di quei giorni, mentreoggi che i concerti languono, come pure il teatro, la danza ed altre forme di spettacolo con diretta interazione tra artista e spettatore, i penosi risultati sono sotto lo sguardo di chiunque. Ma non tutto è perduto. Qualcosa si sta facendo. Evidente vessillifera di un lavoro di recupero di modalità ed esiti artistici, pedagogici ed umani, la cantante Gloria Greco, artista di lunga esperienza professionale, ha istituito un corso di canto, senza richiedere ai discenti particolare formazione pregressa o limiti di età, educando così all’arte della musica, specificamente del canto, e sensibilizzando al rispetto ed alla valorizzazione di un patrimonio musicale di incontestabile pregio come la canzone classica napoletana ed alla sua modalità di espressione primigenia, classica, tradizionale, ma, soprattutto, da artista autentica, favorendo esibizioni pubbliche di evidente, alta funzione formativa. Oggi gli “euterpini”, questo il nome di questi studenti della scuola di musicaEuterpe, a Marano, vicino Napoli, possono vantare già un buon numero di approvazioni da parte di diversi pubblici e persino un’incisione discografica, la canzone classica napoletana una scintilla che potrebbe riportarla agli antichi splendori, e la bellezza un encomiabile nuovo sbocco da cui poter riemergere.
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