Segreti del passato in Spagna e Francia dalle Colonne d’Ercole a Frejus.

 







di Emilio B E N V E N U T O




Le H e r c u l i s   c o l u m n a e, lo stretto di mare fra la Mauritania e la Spagna, ossia tra l’Africa e l’Europa, ora detto Stretto di Gibilterra, erano formate dai due monti Abila e Calpe, considerati per molto tempo gli estremi limiti dlla terra abitata. La leggenda diceva che questi due monti, infatti, erano colonne che Ercole aveva lasciato sui due lati dello stretto, a ricordo del suo passaggio, quando si recò  a Eritrea, l’isola posta all’estremo occidente dell’Oceano, per catturarvi i buoi di Gerione.
Era costui figlio di Crisacre e di Calliroe; aveva tre corpi dal ventre in su e abitava su qulla lontana isola. Possedeva grandi armenti, custoditi dal pastore Euritione, un cow-boy dei suoi tempi, e da un cane a due teste, Ortos. Eracle-Ercole, collocate le colonne che portano il suo nome nello Stretto che separava il  Medierrano dall’Atlantico, a testimonianza del suo esser passato di là, arrivato a Eritrea, uccisi Euritione e Ortos, condusse via i buoi. Gerione gli cose dietro, ma Ercole uccise anche lui.
Lo stesso stretto ripercorse Ulisse, cui Dante [ D.C., Inf. XXVI: 94-125 ] fa dire:

“ “ “ . . . Né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio  padre, né’l debito amore
lo qual dovea Penelope far lieta,
vincer poter dentro  a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto,
e delli vizi umani e del valore:
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno, e con quella compagna
picciola, dalla qual non fui diserto.
L’un lito e l’altro vidi imfin la Spagna,
fin nel Marrocco, e l’isola de’ Sardi,
e l’altro che quel mare intorno bagna.
Io e’ compagni eravam vecchi e tardi,
quando venimmo a quella foce stretta,
dov’Ercole segnò li suoi riguardi,
acciò che l’uom più oltre non si metta:
dalla man destra mi lasciai Sibilla,
dall’altra già m’avea lasciata Setta.
“O frati,” dissi “che per cento mlia
Perigli siete giunti all’occidente,
a questa tanto piccola vigilia
de’ nostri sensi, ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
dietro al sol, del mondo senza gente!
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza.”
Li  miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nosra poppa nel mattino,
de’ remi  facemmo ali al folle volo . . . ” ” ”

                                          *     *     *
 
Al di qua dello stretto siamo in Spagna, il paese a sud-ovest dell’Europa, separato a settentrione dai Pirenei  e circondato da tutte le altre parti, a eccezione
del tratto di confine con il Portogallo, dal mare, chiamato dai Romani Hispania. Fu abitato dall’età paleolitica e subì l’influsso culturale dell’Oriente fin dal II millennio a.C. per opera dei Fenici:  vi sarebbe infatti fiorito agli inizi del I millennio, un regno (semi-mitologico), dalla favolosa ricchezza, Tartasso, collocato dagli antichi nella parte meridionale. Si tratta proprio di quella parte della penisola iberica che fu, fin dal 540 a.C., in possesso dei Cartaginesi, che più tardi, con Amilcare Barca, padre di Annibale, allargarono il loro dominio alle coste mediterranee e all’interno e fondarono B a r c i n o (Barcellona). 
Purtroppo di questa città non si hanno altre notizie che a partire dal sec. I a.C. e in effetti essa di presenta con tutti i caratteri di città romana.  La sua planimetria è ancora riconoscibile nell’impianto urbanistico medioevale e moderno, mentre si conosce il circuito quasi completo delle mura, con le loro 75 torri. Restano anche le colonne di un tempio: scavi del 1956 ne hanno ricuperato vari frammenti architettonici.
Il Museo Archeologico di Barcellona, collocato in alcuni ambienti delle terme romane, contiene frammenti architettonici, mosaici e sarcofagi.
Anche i Greci, di Focea e Marsiglia, stabilirono in terra spagnola delle agenzie commerciali, i Celti ne conquistarono la parte occidentale; da questi e dalle popolazioni indigene dai Greci chiamate Iberes, discendevano i Celtiberi, abitanti del centro.  La Spagna subì la dominazione dei Romani dal 206 a.C., anno della sua conquista da parte di P. Cornelio Scipione e della fondazione da parte di questi di I t a l i c a, al 411 d.C.
Questa,  oggi  soltanto località archeologica a km. 8 da Siviglia, sulla riva destra del Gualdaquivir (antica Baetis), fu quindi il più antico centro romano della penisola iberica, patria, più tardi, di ben tre dei più grandi imperatori romani: Marco Ulpio Traiano (53-117), P. Elio Adriano (76-138) e Teodosio Magno (346-395). Cava di materiale edilizio per la vicina Siviglia durante tutto il Medio Evo, conserva pochi resti della città antica. Alcuni scavi hanno tuttavia recuperato molti mosaici e statue e rimesso in luce le strutture dell’anfiteatro.
Non abbiamo omesso, nel corso del nostro viaggio, di visitare entrambe.                
Dal 197 a.C. la provincia romana della Hispania fu divisa in due: Hispania citerior, con capitale Carthago nova, oggi Cartagena, e Hispania ulterior, con capitale Patricia Corduba, oggi Cordova. Con Augusto la  citerior  si chiamò Tarraconensis, dalla sua nuova capitale Tarraco, oggi Tarragona. e la ulterior  fu divisa in Baetica e Lusitania, l’odierno Portogallo.
P a t r i c i a   C  o r d u b a (Cordova), città dell’Andalusia, sulla riva destra del Guakdaquivir, dal 152 a.C. capitale della provincia romana, fu patria di L. Anneo Seneca
(54 a.C. – 39 d.C.) e di M. Anneo Lucano (39-65 d.C.). Si conservano tratti delle mura, ma è difficile stabilire la planimetria dell’antica città a causa delle sovrapposizioni medioevali e moderne.
Il Museo Archeologico di Cordova contiene una ricca documentazione, dall’età del bronzo e del ferro alla visigotica (ceramica,mosaici, oreficerie, scultura).
C a r t h a g o   n o v a   (Cartagena), città sulla costa sud-orientale della Spagna, fu capoluogo dei domini cartaginesi nel sec. III a.C., quindi centro romano. Non restano avanzi architettonici della città antica.
Il Museo Archeologico di Cartagena contiene una documentazione relativa alla città romana (epigrafi, rilievi, stele, etc.).
T a r r a c o (Tarragona), città dell Catalogna, 95 km. a sud di Barcellona, centro iberico, divenne romana nel 218 a.C. e fu capoluogo  della provincia Hispania citerior Tarraconensis. Divisa in un quartiere basso presso il porto, ove si trovava l’anfiteatro, e uno alto, era circondata da mura ciclopiche del sec.  III a.C., in parte conservate nell’attuale Passeggiata Archeologica. Presso la  Torre des Pilatos si trovano avanzi del palazzo del Legato romano.
Il Museo Archeologco Provinciale di Tarragona comprende nelle sue esposizioni  epigrafi, mosaici e sarcofagi.
Non meno interessante è A m p u r i a s, la greca Emporion, la romana Emporiae, antico porto sulla costa mediterranea settentrionale della Spagna, nel golfo di Rosas,  Fondata, secondo le testimonianze archeologiche, intorno al 580 a.C. da Greci di Focea, in Asia Minore, ricevette una colonia romana nella metà del sec. I a.C. Notevoli scavi spagnoli hanno rimesso in luce gran parte della città antica. L’occupazione sembra avvenuta in tre tempi. I primi colonizzatori si sono stanziati in uno spazio esiguo, la Palaeopolis. Alla fine del sec. VI a.C., poi, l’occupazione si estese a mezzogiorno, verso la Neàpolis: le due città erano separate dal porto. Nella Neàpolis gli scavi hanno rimesso in luce la città ellenistica, con la sua pianta a scacchiera (ss. III-II a.C.).
La città romana, a occidente,  fu inizialmente circondata da una potente cinta muraria, di cui si è conservata parte dello zoccolo lapideo e dell’alzato in calcestruzzo, che la riuniva con le fortificazioni della città greca. All’interno gli scavi hanno scoperto numerose case,, fra cui un grande palazzo, che hanno conservato i loro pavimenti musivi. Fuori delle  mura sorgono gli avanzi di un anfiteatro.
Gli scavi delle necropoli greche che si estendevano intorno all’abitato hanno fornito interessante materiale arcaico, fra cui qualche pezzo di provenienza etrusca.
*     *     *
Al di là di Ampurias siamo ormai nell’antica Gallia, limitata, in senso antiorario, dall’Oceanus Germanicus, Britannicus, Atlanticus, dai Pirenei, dal Mediterraneo, dalle Alpi e dal Reno, dapprima abitata da popolazioni liguri, poi daiCelti e da coloni greci che fondarono Marsiglia nel sec. VII a.C. Si divideva in Aquitania, tra i Pirenei e la Garonna, Celtica,al centro, tra la Garonna, la Senna e la Marna, e Bellica, a nord-est,
La provincia romana  Narbonensis si costituì e si allargò  tra il 154 e il 59, invadendo  il territorio dei Liguri del litorale e dei Celti, abitanti le valli del Rodano e le Alpi. C. Giulio Cesare s’impadronì del resto della Gallia (59-51) e l’organizzò in provincia. Rimaneggiamenti nelle sue divisioni ebbe da Cesare Ottaviano Augusto e nel corso del sec. I d.C. Indipendente nel sec. III ritorna sottomessa a L. Domizio Aureliano, ma in questo periodo cominciano le invasioni germaniche.
La fascia litorale mediterranea ci presenta dapprima N a r b o M a r t i u s (Narbona), città della Gallia meridionale, sul luogo stesso della città moderna, dove, secondo fonti antiche, esisteva una piccola città preromana. Qui i Romani fondarono, nel 118 a.C., una colonia che fu, fino alla fine dell’alto Impero,  la capitale della Gallia Narbonense. Nel 511 divenne poi la  capitale del Regno romano-barbarico dei Visigoti.
Scavi sporadici e ritrovamenti fortuiti hanno potuto dare soltanto un’immagine sommaria della cittù antica. Vi si sono trovate, sul tracciato della Via Domizia, che andava dalla Spagna al Reno,  le rovine del  Foro. Nel cui complesso edilizio, all’estremità settentrionale, si trovava un tempio consacrato al culto imperiale. Si sono ancora trovati, a nord, gli avanzi di un horreum quadrilatero e di un anfiteatro. Le parti della cinta muraria che esistono tuttora risalgono alla seconda metà del sec. III d.C., quando venne ristretto il perimetro della città dei ss. I-II. Esse avevano incorporati i frammenti di numerosi monumenti funerari.
Il Museo Regionale di Storia Umana  e il Museo Lapidario di Barbona contengono entrambi cimeli della città romana, specialmente i monumenti funerari già incorporati nelle mura.
E n s è r u n e è un oppidum a km 10 da Béziers, su uno sperone dominante la pianura. Il nome non è antico; la località venne riconosciuta sotto il secondo Impero napoleonico ed esplorata durante e dopo la prima guerra mondiale. Oggi è scavata regolarmente, ma solo una parte delle tombe e dell’abitato è stato finora riportato alla luce.
L’occupazionedi Ensérune si iniziò verso la metà del sec. VI a.C.: una popolazione primitiva, che usava ancora in prevalenza la pietra, edificò, logicamente  senza alcun piano regolatore, , delle capanne d’argilla impastata con paglia e scavò dei profondi silos.
Verso la fine  del sec. V a.C. comincia una seconda epoca: gli abitanti, che graffiti e vasellame permettono di riconoscere come Iberi, costruiscono una città a scacchiera, con case di pietra, una cinta di mura ciclopiche e grandi cisterne, le quali fanno supporre la presenza di una popolazione numerosa. Questa seconda Ensérune viene distrutta alla fine del sec. III a.C.probabilmente dai Celti in espansione nerso il mezzogiorno.
Una terza Ensérune viene fondata poco dopo. Essa sembra dominata da un’aristocrazia gallica, a giudicare da alcuni ritrovamenti monetari, ma il fondo della popolazione resta iberico, come è provato dai graffiti, redatti in quella lingua, non indo-europea e tuttora di difficile decifrazione. Il sito venne poi abbandonato, all’inizio della nostra era, come4 conseguenza della romanizzazione della Gallia   Narbonense.
Gli abitanti di Ensérune  rimasero sempre ligi al rito dell’incinerazione dei defunti, collocandone i resti combusti in urne d’importazione: la località ha restituito magnifici esemplari di ceramica attica.
M a s s a l a (Marsiglia), altra città della Francia mediterranea, fu colonia greca, fondata dai Focesi su un promontorio che dominava l’insenatura allungata del Lacydon, oggi Porto Vecchio, determinando una situazione topografica simile a quella di molte città costiere della Grecia e dell’Asia Minore.
Le distruzioni della seconda guerra mondiale hanno permesso di condurre, dal 1945 al 1950, scavi che hanno rimesso in luce parte della cinta muraria greca e tracce dei quartieri d’abitazione. Si è potuto constatare pure che la spiaggia antica del Lacydon era di 100 metri più arretrata rispetto all’attuale bagnasciuga: già in età romana si era verificato un primo avanzamento della linea di costa.
A partire dal sec. VI a.C. Massala ebbe un posto di primaria importanza per la diffusione della cultura greca nel territorio interno della Gallia. Nel sec. V a.C.  questa sua funzione fu lievemente diminuita per l’importanza assunta dalla via delle Alpi, che raggiungeva la città greco-etrusca di Spina,  a sud del delta del Po, nella Valle di Comacchio. In età imperiale romana, ricostruitesi le mura distrutte da C. Giulio Cesare nel 49 a.C., Massala riprese la sua funzione di grande porto, estendendo i quartieri di abitazione anche verso  la zona acquitrinosa a oriente del primitivo agglomerato urbano.
Oltre alle tracce del  Foro  e del teatro, il suolo di Massala ha restituito varie opere d’arte, specialmente sculture (p. es. stele a edicola e naos con la fugura della della dea Afrodite seduta.
Dell’età paleocristiana  rimanevano a Massala avanzi del Battistero presso la primitiva Cattedrale, distrutti nel 1850, Catacombe con avanzi di costruzioni del sec. V sono tuttora visibili prsso la Chiesa di St, Victor.
Il Museo d’Archeologia di Marsiglia, sistemato  nel settecentesco Castello di Borely, contiene varie antichità di tutti i Paesi del Mediterraneo. Quelle gallo-romane, inoltre, sono raccolte di preferenza nell’attiguo Museo Lapidario.  
Di G l s n u m, antica città ai piedi delle Alpilles, a km. 1,5 circa a sud di Saint Remy de Privence, si conoscevano già da tempo monumenti romani, detti les Antiques: una porta, impropriamente chiamata arco di trionfo, attribubile a età augustea, e unmausoleo, in ottimo stato di conservazione., eretto, all’incirca nel medesimo periodo, da una famiglia detta dei Giulivi. L’importana di questo monumento sepolcrale, alto m. 19,30, è notevole, sia per l’architettura a edicole sovrapposte su basamento quadrangolare che per la decorazione a rilievo con scene di combattimento di evidente ispirazione ellenistica.
Nel 1921 si scoprirono gli avanzi della città, dando l’avvio a una serie di scavi che fanno di Glanum uno dei più importanti centri archeologici della Francia.
Il sito era già abitato dal sec. VI a.C.: frammenti di ceramica greca attestano le relazioni con Marsiglia. E’  stato messo in luce anche un  santuario indigeno, sede di un culto locale assai antico. Nel sec. II a.C. Glanum assume l’aspetto di una città ellenistica, abitata da una popolazione  mista, grecae indigena, sotto il protettorato di Marsiglia. Il suo aspetto è già monumentale, con una cinta di mura e case che presentano notevoli analogie con quelle di  Delo.  Glanum conia in quel periodo delle belle monete d’argento.
Presa e distrutta poco prima del 125 a.C. da tribù celto-liguri, dopo la costituzione della Provincia Narbonense (122°a.C.), Glanum è ricostruita. Si sono trovate case, con pitture murali e mosaici, di questo primo periodo romano. Dal 40 a.C.  s’inizia a Glanum un forte movimento di urbanizzazione. La parte meridionale della città fu interrata (il che ha permesso la conservazione degli strati archeologici anteriori) e vi fu costruito, un Foro, con una faccata a esedre a sud, un edificio basilicale a nord  e un portico sui lati orientale e occidentale. Molti edifici sacri risalgono a quest’epoca: due templi affiancati, di cui si ignora il nome delle divinità cui erano dedicati, e un ninfeo (19-20 a.C.), costruito su un precedente santuario su una fonte.
Glanum fu distrutta durante le invasioni barbariche del 250-70 d.C.
F o r u m   I u l i i (Frejus), porto romano  allo sbocco della valle dell’Argens è l’ultimo sito arvhrologico da noi visitato sulla costa della Provenza.  Come indica il  il nome, fu innanzi tutto un centro commerciale, fondato o potenziato da C. Giulio Cesare nel 49 a.C. e divenuto sotto Cesare Ottaviano Augusto un porto militare. Esso fu per qualche tempo pari a quello di Miseno ed esercitò la sorveglianza su tutte le coste meridionali della Gallia.              
Gli scavi, iniziati nel sec. XIX, hanno riportato alla luce, oltre ad alcuni resti della cinta muraria, con due porte, l’anfiteatro, a ovest, il teatro, a est. E a sud, nella zona del porto, le terme e gli avanzi di una delle torri, detta la lanterna di Augusto.
Un piccolo Museo Archeologico è collocato nel chiostro della Cattedrale.






2012-03-18


   
 



 
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