articolo 2480

 

 
 
Opposti estremismi
 











Il nostro è sicuramente un tempo che con il linguaggio politico di una volta potremmo definire di opposti estremismi. Ma in questo caso la politica c’entra fino a un certo punto e soltanto in parte ( o meglio come parte di un insieme). A guardare l’evoluzione della vita sociale, civile, culturale e così via, quello che salta  prepotentemente agli occhi è il profondo e non di rado straziante contrasto  tra due  realtà che, oltre ad essere tra di loro inconciliabili, professano comportamenti e ”punti di vista” completamente  opposti. Accade in tutti i settori e coinvolge (o forse travolge) aspetti grandi e piccoli della vita  sociale di ogni cittadino. Intanto, com’è del resto noto da tempo,  l’enorme sproporzione  della distribuzione della ricchezza in mano sostanzialmente  ad un piccolo manipolo  di detentori mentre il grosso del pianeta si deve accontentare di briciole spesso  conquistate solo a  prezzo di  estenuanti lotte  fratricide o mercenarie.  La gestione delle capacità sempre più invasive della più sofisticata   tecnologia è  appannaggio di pochi “privilegiati” a livello planetario  così come avviene per i “gatekeepers” della comunicazione mentre “tutti gli altri”  obbediscono in silenzio e talvolta  con atteggiamenti perfino  plaudenti. Ecco: qui si rileva una condiscendenza che non fa sperare nulla di buono, anzi. Ed è proprio l’acquiescenza diremmo universalmente passiva a ciò che viene concesso ovvero la mancanza di una presa di coscienza dello stato di sudditanza che incute  una certa apprensione.
Poi c’è dell’altro. Per  restare, ad esempio,  in casa nostra e in un ambito ampiamente condiviso a livello popolare,  quello dello sport, ci inorgogliamo a dismisura per la squadra locale che è la più forte del lotto e la città si candida addirittura  a capitale europea  dello
sport ma per contro, pur in un contesto così esaltante, viene ignorato il totale abbandono in cui versano  gli impianti sportivi, alcuni dei quali a ridosso dell’ormai mitico “Maradona”, accettando da decenni  con disarmante disinvoltura o in ossequioso silenzio questo status quo da terzo o quarto mondo.  Ma per restare ancora  in  ambito sportivo  si continua ad esempio  a spingere  e sollecitare chi di dovere perché si concedano fior di milioni a giocatori, procuratori  e bellimbusti vari ignorando  quanto questi quattrini (almeno una parte) potrebbero essere utili,  tanto per dire,  per altri scopi ben più urgenti e caratterizzanti, mettiamo    alleviare le pene  di chi soffre davvero o soltanto per dare un po’ di ossigeno  ai percettori del fu reddito di cittadinanza.
Il dramma di questo stato di cose non consiste tanto (o almeno non solo) nel dover ammettere l’esistenza di tali incredibili
discrepanze quanto proprio nel dover    constatare come le   suddette  aberrazioni vengano supinamene accettate. La ragione è da ricercare in quello che un “filosofo planetario” come Edgar Morin ha individuato nella crisi del pensiero universale. E non a caso certamente, malgrado abbia superato il secolo di vita, il grande studioso non si stanca di suggerire ipotesi di resipiscenza umanitaria tanto è vero che ha dato a un suo recente pamphlet il titolo esortativo di “Svegliamoci!”: forse un estremo (disperato) invito a ravvedersi prima della catastrofe totale.
Antonio Filippetti



2023-10-01