articolo 2475

 

 
 
I fantocci del teatrino tv
 











Una rapida analisi per così dire socio-culturale ci mostra alcuni dati tutt’altro che esaltanti e sui quali è forse opportuno soffermarsi, se non altro per cercare di capire le ragioni dell’abbandono di consolidate abitudini e tradizioni che costituiscono poi  più di un campanello d’allarme di una irredimibile crisi.  Tanto per cominciare rileviamo che da tempo il numero dei telespettatori  cala continuamente (non a caso qualcuno ha parlato di tele-morenti),  e non è sufficiente il supporto fornito dalla piattaforme per bilanciare l’inarrestabile declino. Le sale cinematografiche sono desolatamente vuote e anche in questo caso vale il discorso sul  contributo insufficiente delle piattaforme. Le librerie vanno lentamente scomparendo e anche qui quel poco che rimane avviene quasi sempre  attraverso le vendite on line. Non è forse nemmeno il caso di richiamarsi a giornali e riviste che sono quasi tutti, chi più chi meno, alla canna del gas. Sullo sfondo, ma nemmeno poi tanto, di questo terrificante scenario occorre registrare la sempre più diffusa disaffezione per il “democratico” esercizio del voto, tanto è vero che ormai circa la metà dei nostri concittadini ha cancellato dalle proprie abitudini quella di recarsi periodicamente alle urne.
La ragione di tale raccapricciante scenario è da ricercarsi in buona parte nella reiterazione, che talvolta assume toni perfino ridicoli, di stereotipi universali che coinvolgono cioè idee, personaggi e situazioni varie. Prendiamo ad esempio proprio quello che avviene in televisione.  Qui ci troviamo di fronte, com’è noto, a una moltitudine d’incontri salottieri ovvero talk show che si susseguono sulle diverse reti   dalla mattina alla sera. Il principio a cui si richiamano è  nella pretesa di fornire un quadro  quanto mai “democraticamente” ampio di posizioni socio-politiche diverse, idee culturali di varia natura,
atteggiamenti civili di  contrapposte  estrazioni e così via. Ma per il tele-morente  di cui sopra le cose vanno diversamente. Tutto il branco chiamato ad animare  le discussioni è formato da un centinaio di elementi (ma forse anche meno) che  si dividono lo schermo da mane a sera  su tutti i canali ma, cosa più interessante ovvero riprovevole, oltre che ritenersi esperti (di cosa?) continuano tutti  a ripetere le medesime ciance senza un  filo  di accortezza o pudore.  Provate a fare la conta di coloro che occupano gli spazi in questione e  vi accorgerete che  il numero totale  è tremendamente ridotto per cui nasce legittimo un sospetto: possibile che nel nostro paese  soltanto questi personaggi sono capaci di spiegarci come va il mondo, hanno cioè titolo di  opinionisti  (pessima definizione)  “laureati”, da cui  attendersi le oracolari interpretazioni della società  in cui viviamo? Senza contare che  i suddetti opinionisti si ritengono  per così dire onniscienti, in grado cioè di discettare su tutto: politica, economia, costume, sport, cultura, spettacolo, cronaca, gossip, ecc.
 Ma poi  da chi è formata questa  banda di impostori (ci sia consentita per una volta questa espressione)? L’inventario è presto fatto: la maggioranza è formata da ex, vale a dire ex baroni universitari, ex politici presidenti di qualcosa o ex ministri  in disarmo con l’aggiunta di alcuni  politici  o politicanti ritenuti sulla cresta dell’onda o anche solo riesumati in virtù di mutati scenari politici.  A fare per così dire da traino una manciata di  conduttori/giornalisti che da sempre fanno questo mestiere (e ovviamente  le stesse domande). Ora è naturale che il telespettatore tipo si sia stancato anche perché in massima parte ha capito il meccanismo del gioco e non si diverte  più. Anche perché sa già in anticipo cosa dirà tizio
e cosa invece caio e allora perché stare lì ad ascoltare ancora le ormai arcinote pinzellacchere (copy Totò)?
 Ma poi c’è un’altra considerazione da fare, sicuramente  più importante, e qui scatta quella mancanza di pudore a cui è fatto riferimento. Tutti questi convitati hanno avuto ruoli sociali importanti: nelle università, nei ministeri, nelle istituzioni governative, nel Parlamento, nei  circoli esclusivi,  nelle segreterie dei partiti, nei giornali ecc. Ebbene   il bilancio del loro operato non risulta esaltante, tutt’altro se, com’è perfino troppo evidente,  abbiamo bisogno di ridefinire  ancora aspetti e condizioni salienti del nostro vivere civile. E’ fuor di dubbio allora che le proposte non possono venire da chi ci ha per così dire provato per lungo tempo ed  ha tutto sommato fallito gli  obiettivi. Eppure nei teatrini televisivi circolano ancora questi personaggi che sono nient’altro che espressione di un illusorio “come
se fosse”, o meglio si aggirano come tanti fantocci utili per altri scopi. Nel grande  dizionario Treccani infatti il fantoccio è definito  come un burattino, qualcosa di non realmente umano, rappresentato come una persona goffa, utile per far divertire i bambini o alle fattucchiere per fare incantesimi o ancora ai contadini come spaventapasseri e al tirassegno come bersaglio. Non adatti  certo per risolvere i problemi di un grande paese.
Antonio Filippetti



2023-08-31