articolo 244

 

 
 
EDVARD MUNCH
Il maestro del -non finito-
 







di Øivind Storm Bjerke




Munch Edvard
MORTE NEL SICKROOM, 1893
Olio su tele di canapa 134,5 x 160 centimetri

In occasione della prima mostra di Munch a Berlino nel 1892, fu esposto un gruppo di disegni, accomunati dal titolo La vita umana. Da qui nacque quel progetto che l’artista chiamerà Il Fregio della vita" La sua esigenza di annotare esperienze e riflessioni è testimoniata da una ricca documentazione letteraria lasciataci da Munch, fra cui una bozza, citata come Il diario illustrato, risalente al 1889. Il comune denominatore che ha accompagnato i suoi quadri nella loro storia espositiva e letteraria si riferisce alle tematiche esistenziali, fondamentali quali la vita, la morte, l’amore e l’angoscia. L’epistemologia che riguarda Munch si è sempre orientata a ricercare una corrispondenza fra i suoi scritti e la sua produzione pittorica.
Gran parte delle sue annotazioni personali, molte delle quali scritte nella maturità, rafforza la tendenza a vedere l’arte di Munch come l’illustrazione degli avvenimenti vissuti e delle reazioni emotive che essi hanno generato. La conoscenza delle sue vicissitudini e della ricca documentazione epistolare e letteraria che lo riguardano, rischia di affondare la sua opera m un mare di banalità, come le frequentazioni femminili, l’eccessivo bere, gli assilli economici, le amicizie o anche le inimicizie.
In quest’ottica, l’aspetto biografico assume una valenza interpretativa esagerata, relegando alla sua arte un ruolo marginale, quasi un universo pittorico chiuso, invece di considerare il mondo artistico di Munch come parte integrante di un grande movimento culturale contemporaneo.
Uno dei critici americani più affermati del dopoguerra, Clement Greenberg, riallacciandosi a questo tipo di interpretazione, analizza l’arte di Munch in questi termini:
’Non conosco nulla in arte che mi colpisca in alcun modo come la sua ’letteratura’. Ma l’impatto puramente pittorico della sua arte (trascurando disegni e stampe), si manifesta come qualcosa di diverso, qualcosa di meno. 1 suoi quadri, così famosi come molti di essi sono in termini pittorici, non impressionano i miei occhi in modo continuo, come accade con la grande pittura.."’ Il giudizio di Greenberg sembra ignorare che Munch non si serva, per esprimere i suoi contenuti, di convenzioni iconografiche già codificate, non considerando, invece, che l’artista utilizza il suo peculiare apparato formale per trasmettere i suoi significati simbolici.
L’approccio formalista, dominante nella critica d’arte del secondo dopoguerra, ha condizionato l’interpretazione del modernismo d’inizio secolo, relegando così Munch in una posizione abbastanza marginale nella storia dell’arte più ufficiale che considera soprattutto le sue tematiche, trascurando la valenza della sua forma radicale. Ponendo l’attenzione sulla sua iconografia, la cui incisività è l’elemento che lo ha reso popolare, non è stato individuato il suo ruolo fondamentale di precursore dell’Informale e dell’Espressionismo astratto. Quindi il suo valore trascende dalla capacità di illustrare in maniera incisiva le sue vicende personali. L’eccezionalità dell’iconografia sta nella capacità di tramutare l’esperienza individuale in simboli generalmente decodificabili, trasmessi in un linguaggio pittorico sofisticato dove l’approccio sperimentale ai materiali e alle tecniche svolgono m ruolo fondamentale.
Incontrando l’arte di Munch comprendiamo come la scelta della forma, del materiale e della tecnica esecutiva sia condizionata dal contenuto delle sue opere.
Mmch compie i primi passi del suo percorso artistico nel ristretto ambiente culturale di Christiania (che nel 1925 diventerà Oslo), per poi procedere attraverso le esperienze dell’avanguardia francese, da cui trarrà quegli stimoli che faranno di lui il precursore dell’espressionismo, diventando così, a sua volta, ma fonte di ispirazione.
L’ambiente culturale di Christiania, come già detto abbastanza ristretto, non era pervaso certo da grandi ideali. Durante gli anni
Munch
IL GRIDO, 1893
Tempera a bordo di 83,5 x 66 centimetri
della formazione di Munch, m’intera generazione di giovani artisti era tornata in Norvegia, dopo aver studiato a Monaco e Parigi. Fino al 1880 molti artisti norvegesi risiedevano per motivi di studio all’estero, la maggior parte in Germania, mentre la fetta sostanziale del loro mercato rimaneva in Norvegia.
A partire da quegli anni, iniziò una fase di rientro di molti artisti che erano accomunati dall’appartenenza alla buona borghesia e dalla formazione analoga. Condividevano gli stessi ideali artistici e spesso erano legati da rapporti &amicizia. Partendo dal realismo pittorico della scuola di Monaco, i loro ideali artistici si erano indirizzati verso un naturalismo più d’ispirazione francese che a volte rasentava l’immagine fotografica, mentre altre volte si avvicinavano più all’Impressionismo. Era una generazione che conosceva bene i movimenti artistici europei, di cui, però, non condivideva quelli più radicali.
Munch appartenne a quella prima generazione di artisti norvegesi che compì gli studi basilari restando in Norvegia, dove l’insegnamento avveniva soprattutto negli atelier e non nei luoghi istituzionali come le accademie. Quindi se per studio si intende ma frequenza scolastica, Munch può essere definito fondamentalmente m autodidatta. I primi lavori di Munch appaiono come delle variazioni sul naturalismo, rappresentando i soggetti da angolazioni inconsuete e un’attenzione particolareggiata ai dettagli. La ricerca di m segno frammentato e l’uso del colore smorzato, ma ricco di tonalità accentuano la realizzazione di una superficie movimentata. Già nel suo primo viaggio di studio del 1885, Munch aveva maturato riconduce all’atto concreto del dipingere. Dipingere è un atto fisico e in questo senso il dipinto è una testimonianza dell’espressività del corpo. Con i gesti il pittore trasferisce alla tela sensazioni, emozioni, atmosfere, osservazioni, esperienze e riflessioni alla tela. Questa non è una gestualità senza senso, ma esprime scelte e priorità dell’artista, anche se la scelta dovesse comportare una quantità arbitraria di attacchi alla superficie pittorica. Nonostante l’evidenza del processo pittorico, i quadri di Munch vengono percepiti come un’icona per la messa in scena misurata. La composizione si avvale di un gioco di quadrati, rettangoli e linee diagonali, accentuando cosi la forza espressiva dell’immagine.
Quando nel 1896 viene esposto il dipinto Bambina malata, il noto critico Andreas Aubert attaccò Munch, accusandolo di aver esposto " un aborto, come quello che Zola descrive cosi bene nella sua L’Oeuvre.
Le opinioni dei colleghi pittori, riportate dalla stampa, furono ambigue: "Peccato che per i quadri non esistano categorie di premi, altrimenti il dipinto avrebbe vinto la medaglia d’oro" e ancora "nessun altro artista avrebbe mai osato esporre un suo dipinto assieme a un simile capolavoro".
Già dalla sua prima partecipazione alla Mostra d’Autunno dei 1883, lo scrittore Gunnar Heiberg, noto in Europa per le sue opere teatrali, lamentava l’incompiutezza tecnica del dipinto. Questo aspetto di "non finito" dell’arte di Munch sarebbe stato oggetto di molte critiche. Erik Werenskiold, uno degli artisti contemporanei più affermati, attribuiva l’aspetto sperimentale e incompiuto all’uso che il pittore faceva di varie tecniche : "Munch fa le cose solo a metà, ed è già dire tanto, pasticcia con colori a olio, pastelli e cosi facendo lascia grandi parti della tela spoglie a seconda dello stato emotivo; dunque le parti non trattate si devono adattare alla luce del giorno, del sole, all’atmosfera notturna, al chiaro di luna, a qualunque cosa "8 Krohg muove un’obiezione generale ai dipinti: " Non sono mai del tutto compiuti - sembra non mettere mai l’ultimo tocco. Si ha l’impressione che al momento di ottenere quello che vuole abbia il timore di perdere anche una minima parte di questa materia preziosa, e non abbia il coraggio di andare avanti per la paura che possa sfuggirgli quello che ha
Munch Edvard
LA NOTTE ESTATE-DI VOCE, 1893
Olio su tele di canapa 90 x 118.5 centimetri
afferrato." La definizione del dipinto come "non finito" si riferisce soprattutto all’aspetto tecnico e al contenuto non sempre decodificabile, a volte oscuro. Ma le opere sono anche percepite come "non finite" perchè disorientano le aspettative, risultando così difficili da interpretare. Dunque la caratteristica del "non finito" rende la sua pittura un’espressione artistica d’avanguardia.
Il "non finito" in Munch si inserisce in una strategia più generale della ricerca di un metodologia orientata verso il processo di elaborazione e l’azione che lo accompagna, motivando così la sua continua sperimentazione nel campo della grafica, del disegno e della pittura, come anche in quello della scrittura. L’opera finita, compiuta dunque è da temere, bisogna evitarla piuttosto che ricercarla e desiderarla.
I quadri in cui compaiono elementi di tipo formale o iconografico "non decodificabili" sono dipinti con l’intento di creare campi aperti che invitano diverse soluzioni interpretative. Il carattere "non finito!’ delle opere singole ne facilita il ricollegamento, per n all’artista di ricomporre la loro sequenzialità come anche di cambiame rordine, di aggiungere nuove versioni dipinte e di lasciare spazio a interpretazioni sempre nuove.
Anche l’attribuzione dei titoli riflette la caratteristica del "non finito’ e di "Opera in corso" della sua arte.. Non è un caso che gli stessi quadri avessero titoli diversi, lasciando spazio a interpretazioni diverse. Se l’attribuzione di titoli dovuta ad altri era interessante, Munch era il primo ad adottarla. Cosi lo descrive Rolf Stenersen nel suo ritratto, molto personale, delI’amico artista: " Spesso Munch chiedeva agli amici di intitolare i quadri, gli piaceva però che avessero un richiamo letterario ( ... ) 1 quadri avevano vari titoli, come il dipinto inizialmente chiamato Donna che ama e Procreazione che poi Jens Thiis, che l’acquisterà per la Nasjonalgallerìet di Oslo, chiamerà Madonna. Se l’avessero chiamato Cleopatra, Munch non avrebbe avuto niente in contrario, ma era importante che fosse un titolo, non gradiva chiamarli "Studio in rosso" o Composizione in blu’.
Così si spiega come i titoli delle sue opere anche oggi cambino a seconda di nuove interpretazioni da parte di critici o di altri estimatori della sua arte.
Munch era notoriamente restio ai legami, sia a livello umano che artistico. Restare vincolati a un’espressione, sarebbe stata una contraddizione per un artista che, da sempre in piena libertà, era alla ricerca di nuove soluzioni pittoriche. Non fu la riflessione a guidarlo, ma l’intuito che lo condusse al linguaggio formale più adatto al momento; le scelte furono soprattutto determinate dallo stato emotìvo mutevole col procedere dell’"opera in corso".
Le sue opere più significative emanano una sensorialità e fisicità che prescinde dal soggetto, riferendosi soprattutto all’elaborazione dei materiali. L’atto creativo è determinato dallo stato d’animo dell’artista in quell’attimo e Munch cercherà di esprimere la forza dell’impatto emotivo di avvenimenti vissuti in prima persona, appena accaduti o lontani nel tempo, come quelli legati all’infanzia che costituiscono una fonte d’ispirazione fondamentale per lui.
Paragonando Delacroix a Moreau, Mario Praz conferma come l’elaborazione della materia conferisca al quadro una valenza simbolica :"Delacroix come pittore era fiero e drammatico, Gustave Moreau cercava di essere freddo e statico. Il primo dipingeva gesti, il secondo atteggiamenti ... Delacroix vive all’interno del suo soggetto mentre l’opera di Moreau nasce dall’esterno, con il risultato che il primo è un pittore, il secondo un decoratore. ,
Allo stesso modo, Praz rileva che l’arte sia generata da esperienze concrete: "E’ sempre esistita la donna fatale, sia in mitologia che in letteratura, dal momento che mitologia e letteratura sono riflessioni immaginative dei vari aspetti della vita reale, e la vita reale ha sempre prodotto esempi più o meno
Munch Edvard
MADONNA, 1893-94
Olio su tele di canapa 90 x 68,5 centimetri
completi di caratteri femminili arroganti e crudeli." . Affinchè susciti interesse, il "generale" deve riferirsi al "particolare’.
La superficie della tela può essere interpretata come fosse l’epidermide dei quadri che, attraverso la sua trasparenza, permette a uno sguardo indagatore di penetrarla per scoprirne l’essenza. La forte influenza che Munch ha esercitato sull’arte della seconda metà del ’900 è dovuta anche al valore intrinseco da lui attribuito agli strumenti e ai materiali propri dell’arte’.
Gli elementi formali e l’iconografia devono corrispondere allo stato emozionale dell’artista nell’atto del dipingere. La sua ricettività emotiva lo aiutavano a penetrare nell’iconografia e nella tipologia di immagini già codificate per appropriarsene "dall’interno". Nella storia dell’evoluzione dell’arte europea, Munch non è un innovatore ma un eclettico che sperimentava codici già collaudati, dando loro nuove valenze.
Quando Munch nel 1889 partì per il primo viaggio di studio a Parigi come borsista, lasciò in Norvegia delle aspettative rispetto all’impegno che avrebbe dedicato al perfezionamento del disegno dei nudo. Secondo i critici, il disegno doveva essere più disciplinato e preciso. Assecondando le attese, si segnò alla scuola di disegno Léon Bonnat, ma adeguandosi solo in parte all’esigenza di disciplina. In realtà si trattò di un breve intermezzo, cercò piuttosto di dipingere sotto gli impulsi dei movimenti artistici d’avanguardia.
"Impressionismo" è la parola chiave nel dibattito sull’arte che attraversava la Norvegia agli inizi degli anni 80. Gli artisti norvegesi lo interpretavano come un naturalismo intensificato, che accentuava la percezione visiva, piuttosto che la comprensione concettuale, basata su "certezze acquisite Le critiche nei confronti di Munch venivano soprattutto dal pubblico conservatore, mentre l’apprezzamento dimostratogli dalla generazione di naturalisti affermati, si spiega con l’importanza da loro attribuita alla dimensione soggettivistica del naturalismo. Per ottenere un’immagine più vicina alla realtà il fattore soggettivo non andava trascurato, ma compreso.
Un’altra corrente che in lui destò interesse fu il Puntinismo e la scomposizione del colore.
Nell’arte norvegese si riscontrano i primi tentativi in questo senso a partire dal 1886. Quando Munch, durante il suo soggiorno a Parigi del 1889, si cimentò con questa corrente, non fu per sperimentare la teoria del colore, ma per creare un effetto di vitalità e di movimento nella superficie pittorica. Alla Mostra d’Autunno del 1890, insieme alle opere di Munch erano esposti lavori di Monet, Degas e Pissarro. In occasione di una personale del 1892, Munch fu nominato dal critico del quotidiano Aftenposten lì Bizzarro della Norvegia.
Nonostante avesse preso una direzione che non trovava l’approvazione dei colleghi pittori norvegesi, Munch tuttavia non deluse le loro aspettative nei suoi confronti. Cercò continuamente di soddisfare le attese che premevano su di lui dalla piccola cerchia norvegese, attese che costituiranno un incentivo costante per la sua produzione artistica, tanto importante da non permettergli di troncare mai il rapporto con l’ambiente artistico delle sue origini.
I suoi quadri degli ami 80 sono pregni di un’atmosfera in cui prevalgono le tonalità scure, in sintonia con le correnti artistiche dominanti in tutti i paesi nordici. L’adesione dell’artista al movimento neo-idealista che, dalla fine degli anni 80 assunse un ruolo di guida sia per arte che per la letteratura norvegese, avrebbe comportato una spiccata attenzione all’introspezione e m maggiore ricorso alla fantasia nell’elaborazione dei soggetti. In seguito si sarebbe orientato verso quella parte del Post-impressionismo che trovava i suoi riferimenti nei vari movimenti idealistici del tempo. Nel contesto scandinavo sarebbe stato decisivo l’incontro con lo storico dell’arte danese Julius Lange. Nel 1899 Lange pubblicò un articolo dove affermava che la
Munch Edvard
VAMPIRE, 1893-94
Olio su tele di canapa 91 x 109 centimetri
grande arte non nasce alla luce accecante del giorno, ma nel buio e nel silenzio quando la mente è quieta e può :"scegliere tra quello che la memoria nasconde, solo allora emergono le immagini per metà chiare e per metà oscure, dalla notte generatrice del nostro inconscio, dal suo fondale buio e torbido. Sono le sorprese che ci arrivano dal nostro profondo ( ... ) nelle quali ci riconosciamo (-) come intimi amici; in fondo sono solo l’espressione di quello che avevamo bisogno di vedere. Ecco le radici che hanno attecchito e che stanno germogliando, tendendo al bene e aspirando alla Forma e al Contenuto. "
L’articolo di Lange suscitò molte discussioni ed ebbe una grande influenza sull’arte norvegese. Munch sembrò quasi commentare Lange, quando osservò: "non dipingo quello che vedo, ma quello che visto". Nel cosidetto "Manifesto», scritto a St. Cloud nel 1889, Munch riprese questo pensiero quando frequentava il poeta simbolista danese Emanuel Goldstein. In Danimarca le considerazioni di Lange avevano suscitato un interesse ancora maggiore che in Norvegia, raccogliendo uno stuolo di scrittori e pittori che avevano aderito alla nuova corrente idealista e simbolista.
Il motto l’arte della memoria " era un concetto prestato dalla psicologia che non voleva sostenere nessuna scelta di stile, ma che detei n inò una spinta verso una rottura con la concezione naturalistica del soggetto, fondata sull’osservazione. Lange aveva reinstaurato la distinzione tra il concetto del bello in natura e il bello nell’arte.
Sembrava dunque delinearsi una rottura con quello che i naturalisti consideravano l’immediatezza nella percezione della natura e una conquista per l’arte, per ricadere, invece, in un’arte che si allontanava dalla natura stessa, segnata dall’idealizzazione, dalla costruzione e dall’astrazione.
Nell’autunno del 1889, mentre abitava a St. Cloud, Munch stese delle bozze letterarie, che nel tempo hanno assunto il valore di un enunciato teorico sull’arte.
Probabilmente si trattava solo del tentativo di scrivere una biografia letteraria nello spirito "autoconfessionale" del tempo. Una delle annotazioni descrive un episodio, accaduto in una sala da ballo, la notte del capodanno 1889, inserita poi nella letteratura , sul Simbolismo e definita come Il manifesto di St Cloud. : ha davanti agli occhi l’immagine della sala da ballo e, mentre osserva una giovane donna posare il capo sul petto di un uomo, vede rispecchiarsi in loro le generazioni passate e future, trasformando la coppia in un simbolo della riproduzione della vita.
Trovandosi davanti al quadro, la gente avrebbe dovuto cogliere quanto sublime e sacro fosse quell’attimo e levarsi il cappello come se fosse in chiesa.
Secondo Robert Rosenblum solo Munch poteva riuscire a rappresentarlo così: " Fra quei pittori che negli anni intorno al 1890, conducevano a maturità un’arte che era visivamente ed emozionalmente così potente da trasformare il mondo laico in immagini dotate di autorità sacra, nessuno era più grande del norvegese Edvard Munch. Per il decennio successivo egli raggiunse tale meta da un’opera all’altra, elevando le emozioni ad altezze psicologiche così sublimi, da proporre incisivamente agli astanti le verità di vita, amore, morte,’ Munch faceva queste elaborazioni "teoriche" sull’arte nel periodo in cui frequentava assiduamente Emanuel Goldstein, il poeta danese, amico anche di Krohg e Jaeger un cultore entusiasta della letteratura francese che componeva lui stesso poesie mi un idioma simbolista. Il poeta e il pittore, che avevano anche pensato di fondare insieme una rivista, sarebbero rimasti in contatto ancora per un paio d’anni.
Durante la sua permanenza a Christiania agli inizi degli anni 90, Munch conobbe i giovani poeti Vilhelm Krag, Sigbjorn Obstfelder e Trygve Andersen e anche il giovane storico dell’arte Jens Thiis. Un ambiente indirizzato verso il simbolismo letterario, che vedeva nella pittura di Munch una risposta congeniale ai propri sforzi
Munch Edvard
ROSSO E BIANCO, 1894
Olio su tele di canapa 93 x 125 centimetri
letterari e quindi aveva per l’artista un vero e proprio culto.
Inizialmente Munch si interessò alle idee e ai contenuti dei Simbolismo, successivamente cercherà nuove espressioni stilistiche. Ma il Simbolismo in quanto tale non si richiamerà mai a uno stile preciso, trovando la sua forma sia nel naturalísmo accademico che nelle astrazioni più avanzate e Munch. prenderà la stessa direzione. Goldstein enuncia una corrispondenza tra contenuto simbolista e forma astratta quando ìdentifica il simbolismo come un’arte soggettiva che non vuole riprodurre la realtà in modo convenzionale, ma tende a rendere l’atmosfera più personale.
La realtà che viene descritta sono i pensieri e le sensazioni dell’artista. 22 Quando Munch iniziò a stilizzare e a deformare la natura, tanto da perdere ogni riferimento cm il reale, la vecchia generazione dei pittori naturalisti fecero fatica a seguirlo. Munch prese solo verso il 1892, questa direzione che diventerà una tendenza predominante nella sua pittura durante la permanenza a Berlino.
La deformazione è una trasformazione intenzionale del soggetto nel suo contesto naturale, dove la fonte &ispirazione è riconoscibile. Enunciati estetici e valori classici, come ordine e razionalità, si infrangono, lasciando i segni nell’arte di Munch già dagli inizi. Nelle sue annotazioni l’artista descrisse i massi di pietra raffigurati in primo piano nel quadro Spiaggia misteriosa (1892), come creature stregate. La faccia con il ghigno che emerge in primo piano è un elemento che ritorna nei dipinti, forse un fantasma del passato che lo perseguita; come anche il ceppo in primo piano forse rappresenta le sue origini troncate. La rappresentazione deformata del paesaggio sullo sfondo potrebbe significare la volontà di rompere con i canoni classici di bellezza; la pretesa di equilibrio e armonia doveva essere sostituita dalla rappresentazione della natura come un campo di battaglia tra le forze costruttive e armoniose e quelle distruttive e minacciose.
I soggetti di Munch affrontano la decadenza, la distruzione e il dissolvimento, così come i suoi quadri vengono esposti alle intemperie della natura dall’artista stesso che sembra voglia sottoporli a "una cura da cavallo" per temprarli, rendendoli protagonisti di un loro percorso artistico.
Per Munch il soggetto non è rappresentato dall’assenza della forma, ma dalla dialettica tra forze contrapposte, in questo senso si riallaccia quel concetto di bellezza intesa non in senso ideale, ma come essenza che racchiude anche il germe del suo opposto, come l’orrido e lo spaventoso che intravediamo nel declino e nel dissolvimento della bellezza.
Le peculiarità di ciascun elemento acquistano importanza solo se aderiscono alle connotazioni richieste dal contesto della raffigurazione del dramma umano.
In Munch l’oggetto in sè diventa una metafora che riduce all’essenziale la descrizione del mondo oggettivo, da cui prende le distanze, eliminando il superfluo.
Questo approccio, che diventerà costante, si compie nell’uso strutturale delle formule compositive, come la rigorosa collocazione delle figure lungo l’asse centrale, l’accentuazione dell’aspetto geometrico delle forme racchiuse da una superficie pittorica suddivisa in spazi geometrici evidenti. Nella sua ricerca volta alla sintesi, l’artista compie una riduzione della forma che racchiude con una linea di contorno ininterrotta.
Rapetti osserva come Munch subisca l’influenza degli artisti vicini a Gauguin nell’assegnare ai soggetti una funzione decorativa. Questa si compie nell’uso delle linee di contorno. nella riduzione delle forme in piani e volumi e ancora nelle grandi superfici trattate con scioltezza e ravvivate dalla suddivisione in disegni decorativi. Si ritrova anche nelle stesure piane del colore interrotte da tronchi d’albero, come pure nella riduzione dei tratti del viso a una maschera e infine nella predilizione per la posa frontale o laterale. E ancora Rapetti individua in Munch
Munch Edvard
ANSIA, 1894
Olio su tele di canapa 94 x 73 centimetri
un’analogia con Bernard e Anquetin: " nella ricerca di una  tensione particolare espressa attraverso le caratteristiche, la frontalità e lo stagliarsi del modello.
Abbiamo visto come Munch, in alcuni casi, ricorra alle formule applicandole sia ai dettagli che agli elementi della natura o ai tratti del volto. La formula attribuita al volto ha suscitato l’interesse di molti critici senza che riuscissero a interpretarne l’origine e il significato. Questa appare soprattutto come un insieme di segni visivi stenografici che semplificano la rappresentazione di idee.
L’accusa di non ‘finito’ era riferito allo stile, alla tematica e all’uso dei materiali, aspetti, questi, riallacciabili al simbolismo contemporaneo sperimentato in Francia e, particolarmente, in Germania. Tuttavia la natura del Simbolismo di Munch, legato al suo stile pittorico personale del "non finito’, non è riconducibile all’influenza tedesca.
Munch applicava, al concetto di simbolo della corrente simbolista più radicale degli anni 90, una distinzione tra segno e simbolo, dove il segno viene definito ’univoca’ mentre il simbolo viene dotato di un significato inesauribile. E un’interpretazione che si rifà alla concezione romantica del simbolo, utilizzato nel linguaggio figurativo e quindi non decifrabile, ma solo interpretabile. Il tentativo di tradurre il simbolo in un significato esatto è in contraddizione cm l’essenza stessa dell’arte. Secondo questa teoria la natura della comunicazione estetica risiede nella sua ambiguità. L’osservatore recepisce il dipinto in senso simbolista quando scopre un significato latente che in lui avvia il processo interpretativo. t la tipologia dell’interpretazione a definire l’opera come simbolista.
Il dipinto non rappresenta più una finestra sulla natura, ma diventa la percezione di un’esperienza che si rinnova nell’incontro tra l’osservatore e l’opera. Il quadro simbolista presuppone un osservatore attivo e coinvolto che non si limiti solo a guardare, ma che diventa anche lui creatore. Nella letteratura sul Simbolismo degli anni 90, l’allegoria è l’antitesi del simbolo. L’allegoria, in quanto univoca, è bollata come anti-artistica.
Nell’estetica tedesca allegoria e simbolo sono sinonimi fino alla fine del Settecento, quando il concetto di simbolo prevarrà su quello dell’allegoria. Alcune forme retoriche tradizionali cadranno vittime di un lessico soggettivista e l’interpretazione del simbolo dipenderà dal contesto. L’osservatore che interpreta deve indagare le origini del simbolo, che acquista il carattere di un’esternazione e dunque da interpretare. In teoria il simbolo è intraducibile, dunque dotato di un potenziale di interpretazioni arbitrarie.
Il simbolo dunque si apre al soggettivismo emergente, mentre l’allegoria si chiude nel significato codificato. Da allora i due concetti vengono abitualmente contrapposti in quella antitesi che avrà il suo culmine prima nel Simbolismo, poi nel Modernismo.
Il simbolo rientrerà in un’estetica romantica ’aperta’ mentre l’allegoria verrà associata a una estetica classicista "chiusa". Arnold Hauser nel 1951 compie questa distinzione della concezione antitetica tra simbolo e allegoria: " paragonata al simbolo, l’allegoria appare sempre come una semplice, quasi superflua, trascrizione di un’idea alla quale la traduzione da una sfera all’altra non aggiunge niente. L’allegoria è una sorta di rebus nel quale la soluzione è evidente, mentre il simbolo può solo essere interpretato, ma mai risolto.’’
Il contenuto di un simbolo non può mai essere tradotto in m’alta forma, ma lo stesso simbolo può essere interpretato in vari modi e questa varietà delle interpretazioni del suo significato, apparentemente inesauribile, ne è la caratteristica essenziale.
Le combinazioni sono infinite . Alla luce dell’arbitrarietà dei loro enunciati, ì simbolisti non vogliono essere ricondotti a uno stile. Il Simbolismo si manifesta nella scelta compiuta dall’artista nell’utilizzare espressioni
Munch Edvard
DONNA GIOVANE SUL PUNTELLO, 1896
Aquatint brunito su zinchi 288 x 219 millimetri
formali, caratterizzata da una mescolanza di stili.
Era questa l’impronta simbolista da Munch trasmessa agli artisti nordici che gravitavano a Berlino, che affondava le sue origini nei contatti dell’artista con l’arte francese.
Molti dei suoi capolavori vedranno la luce a Berlino, dove, nonostante restò tre anni (1892 - 1895), Munch mantenne unrapporto distaccato con la pittura tedesca e i suoi impulsi innovatori si muoveranno in un ambiente irrigidito.
Arrivando in questa città, Munch non trovò, a causa del prevalere di forze conservatrici, un movimento d’avanguardia radicale come quello conosciuto a Parigi. La vita artistica in Germania si stava organizzando intorno a due raggruppamenti: da una parte quella più ufficiale, legata all’ambiente accademico con i suoi salotti e quella, più indipendente delle Secessioni. W questa evoluzione non aveva ancora toccato Berlino. Munch trovò dunque un ambiente artistico provinciale, addirittura meno stimolante di quello di Christianìa, dove si stava affacciando una nuova generazione di artisti vicini all’avanguardia francese. L’entrata di Munch sulla scena berlinese vi avrebbe creato una spaccatura tale da rendere inconciliabile la contrapposizione tra l’arte dell’avanguardia e quella Ufficiale.
Nel 1892 Munch era stato invitato a esporre alla "Associazione degli Artisti Beerlinesi " (Verein Berliner Kunstler),  associazione che promuoveva anche l’aspetto commerciale dell’arte. 31
La mostra di 55 dipinti fu inaugurata il 5 novembre. L’accoglienza della mostra sarebbe dipesa dall’esito del confronto tra arte, tradizionale e arte moderna.
In quell’ambiente artistico il potere era rappresentato dall’arte convenzionale, la cui egemonia, in questo caso, fu messa a dura prova. Quando i membri della "Associazione Artisti Berlinesi " si resero conto di quanta forza scaturisse dai dipinti  Munch, chiesero l’immediata chiusura della mostra e le dimissioni del comitato organizzatore. Il 12 novembre, con una stretta maggioranza, la proposta venne approvata, provocando nell’Associazione una scissione. Solo nel maggio dei 1898 sarebbe nata una nuova "Secession". L’arte ufficiale aveva esercitato così una dimostrazione del suo potere, licenziando addirittura tre  professori dell’accademia che avevano votato a favore di Munch.
I quadri furono criticati per l’esecuzione sciatta e superficiale, per la scarsa tecnica e accusati di esprimere assurdità, folli, idee socialiste. In altre parole Il modernismo, in questo caso rappresentato dall’artista, minacciava l’ordine costituito e distruzione dei valori della tradizione. Come reazione alle critiche dei conservatorì, i giovani artisti diedero a Munch il Ipieno appoggio, manifestando entusiasmo per la spontaneità e l’originalità della sua pittura. All’artista non sfuggirono i lati
positivi della situazione che si era creata:" ... non potrei avere pubblicità migliore-il mercante d’arte Schultze mi ha proposta’ 20 marchi in contanti o altrimenti un terzo delle entrate quando esporrà i miei quadri a Colonia e Diisseldorf, ho deciso per il terzo delle entrate ( ... ) questo gran baccano mi diverte. ‘ Dopo la chiusura della mostra, i quadri furono inviati a Dusseldorf fare poi ritorno a Berlino, dove furono nuovamente esposti nel gennaio del 1893. Proseguirono poi per Copenhagen, Bresla Dresda e Monaco di Baviera. Seguirono due anni di intensa attività espositiva. Munch cercava di affermarsi come pittore d’avanguardia negli ambienti artistici tedeschi più interessanti, dunque viaggiava spesso, mantenendo Berlino come base fissa.
Nel 1894 scrisse al fratello Andreas: "Ad Amburgo la gente era così furiosa che dovetti partire in fretta e furia - volavano le ingiurie tanto che non ho avuto il coraggio di farmi vedere all’esposizione.  Col crescere della sua fama, sarebbe cresciuto anche il suo mercato. La Secessione di Berlino avrebbe spianato per Munch la strada verso una sua affermazione tra gli artisti i europei
Munch Edvard
MOONLIGHT I, 1896
Woodcut con le sgorbiature ed i fretsaw 410 x 470 millimetri
dell’avanguardia.
Tra il 1890 al 1895 si riversò su Berlino un gran numero di artisti nordici, alla ricerca di stimoli nuovi contribuendo in modo decisivo alla radicalizzazione dello scenario artistico della città. Si risvegliò un grande interesse per la cultura nordica, soprattutto quella letteraria, la cui strada era già spianata da grandi letterati come Bjornstjerne Bjornson e Henrik Ibsen. Per l’arte furono determinanti gli anni dal 1820 al 1880, quando molti dei più importanti artisti norvegesi trascorsero lunghi periodi in Germania, contribuendo alla conoscenza reciproca.
Come già detto, a Berlino Munch non aveva grandi rappporti con gli artisti tedeschi, frequentava solo Walter Leistikow uno dei giovani pittori che lo aveva sempre sostenuto. L’ambiente letterario sarebbe stato, invece, importante per Munch, come, in particolare, l’incontro con lo scrittore polacco Stanislaw Przybyszewski, che poi avrebbe sposato la scrittrice norvegese Dagny  Juel, che Munch conobbe a Christiania.
Nei suoi scritti sull’artista, Przybyszewski sottolinea come Munch facesse parte di una tradizione letteraria radicata tra Parigi e Bruxelles, che voleva: "descrivere le libere associazioni le più strane e acute, di cui è capace la mente dell’essere umano, quelle i emozioni che, come ombre fuggevoli, percorrono l’anima ." 38 Il Simbolismo fino agli anni 90 riguardava soprattutto la letteratura e in forma minore l’arte, perciò Przybyszewski definì il movimento teorico e culturale a cui apparteneva Munch come letterario. Przybyszewski svolse un ruolo determinante per l’evoluzione artistica di Munch nel periodo berlinese quando la sua pittura fu segnata dal simbolismo, dalla sintesi e da m’espressione pittorica sempre più libera, contribuendo in modo sostanziale a far emergere una maggiore consapevolezza nell’artista delle proprie potenzialità.
Nel 1894 fu pubblicato il libro Das Werk von Edvard Munch che comprendeva diversi articoli sul pittore, fra cui uno del suo stesso redattore Przybyszewski, in cui confessa di essere stato colpito in particolare dalla "nuda individualità " con la quale Munch ci confronta, intesa come essenza originaria e immortale dell’uomo. Qui l’articolista sostiene che le sue opere ci trasmettono la vita senza condizionamenti culturali o razionali: ’Ter primo Edvard Munch ha osato ritrarre i moti dell’anima, come emergono nella nostra coscienza indipendentemente dalla nostra attività cerebrale’. L’arte di Munch è dunque il risultato delle sue emozioni suscitate dal suo sguardo istintivo sul mondo.
Per Przybyszewski Munch si distingue dall’arte simbolista corrente quando trasferisce direttamente nel colore la descrizione dei moti dell’anima. L’emozione interiore trova la sua espressione nel colore, dal mondo tangibile il pittore volge lo sguardo verso la sua interiorità per trovare il colore dei suoi paesaggi.
Munch riscuote l’interesse di molti, fra cui lo scrittore svedese Uddgren e quello tedesco Dauthendey, entrambi parte dell’ambiente berlinese. Questi pubblicarono in Danimarca il libro L’universo (Verdensaltet) che trattava de " il nuovo concetto di sublime nell’arte% ossia il ciclo della vita come fonte d’ispirazione per un’arte nuova. Secondo Uddgren e Dauthendey, le forze della natura suscitano attrazione e repulsione e l’opera d’arte provoca le stesse emozioni. Erano affascinati dalla suggestione, ossia dalla sensazione che, attraverso la mente, si trasforma in un’altra. Quindi la sensazione provocata da un suono acuto poteva trasformarsi in ma sensazione olfattiva. Le associazioni mentali potevano tradurla in termini di attrazione o repulsione. L’effetto maggiore è data dalla sinestesia (fenomeno per cui le percezione di determinati stimoli è accompagnata da particolari immagini proprie di un’altra modalità sensoriale). In questo contesto, l’artista vero è colui che sa utilizza e le proprie emozioni nei dipinti per farli rivivere nell’osservatore. Ma in questo modo Munch diventa il
Munch Edvard
CREEPER ROSSO DELLA VIRGINIA, 1898-1900
maestro della pittura  d’atmosfera e non l’artista delle grandi tematiche esistenziali Uddgren e Dauthendey definiscono arte "intima " quella pregna di emozioni e atmosfere "intime" vissute dall’artista. Il loro tentativo di creare una poetica basata sulle scienze naturali riconduce l’arte di Munch alla scienza moderna, lontano da quello spazio interpretativo aperto che distingue il simbolismo. Intorno a Munch sembrano dunque esserci concezioni e interpretazioni diverse, ma l’artista non si pronunciò sulle questioni più scottanti che lo riguardavano, mantenendo, come sempre, un atteggiamento aperto ed eclettico.
Mente le forze conservatrici berlinesi difendevano le loro posizioni nel campo dell’arte, la vita letteraria era percorsa da fermenti innovativi. La rivista Pan, una delle pubblicazioni più accurate sia nella forma che nel contenuto, nasce nel 1895 con  il chiaro intento dei fondatori di creare un’integrazione tra l’avanguardia letteraria e quella artistica.
La congiuntura economica favorevole lasciava spazio anche al mercato dell’arte dell’avanguardia, tuttavia molti artisti reagirono con ostilità a queste intrusioni che consideravano minacciose per le loro posizioni. Non vi erano dunque le condizioni che potessero favorire la crescita di un movimento artistico di lunga durata. Nata come rivista d’avanguardia, Pan divenne l’organo d’informazione dell’arte nazionale, senza più spazio per le voci innovative dell’arte nordica. L’ambiente artistico di Berlino si stava sciogliendo e nel 1895 Munch, Strindberg e Meier Graefe l’abbandonarono per Parigi.
Dopo aver trascorso a Asgárdsstrand la fine dell’estate 1895 dipingendo, nell’autunno Munch fece una mostra da Blomqvist. Quando Ibsen visitò la mostra, fu Munch stesso a introdurlo ai dipinti, per i quali il grande letterato mostrò tutta la sua ammirazione. 1 lavori simbolisti dell’artista fornivano ai caricaturisti spunti per le riviste satiriche. Le critiche erano soprattutto negative, nonostante riconoscessero il talento del pittore: "Mi sembra ( ... ) che la permanenza di Munch, sotto la forte influenza letteraria della capitale tedesca, almeno per ora, non abbia giovato granchè alla sua crescita artistica, che mi sembra tendere ulteriormente verso quello che io chiamerei un Dilettantismo geniale." Nell’esposizione dell’anno precedente a Stoccolma, molti commentavano l’influenza dell’arte simbolista tedesca nei suoi dipinti. Cosi scrisse il Principe Eugen, dopo aver visto la mostra del 1894: "La mostra di Munch più che allietare l’animo artistico ha scosso gli animi. Alcune cose sono ottime, altre interessanti, ma in ogni caso estreme, a volte spudorate certo, non sensate," Aggiunse un altro commento quando fu pubblicata la corrispondenza letteraria di Munch nel 1945 : "Sarà stato il sovrappeso della letteratura tedesca che ci ha stuccato.« Andreas Aubert avrebbe definito l’artista come un nevrastenico decadente: " Fragile di nervi, alla ricerca del piacere fino  all’estremo, - purosangue aristocratíco" Purezza della razza era un termine ricorrente del tempo, molto dibattuto anche a causa del libro che usci’a Berlino nel 1890 "Rembrandt als Erziehr" di Julius Langbelm, che trattava la differenza tra la razza latina e quella germanica e l’importanza dell’origine dell’arte nel luogo, nel popolo e nella razza. Aubert vede nell’arte di Munch una derivazione della tradizione germanica.
Munch condivise lo scetticismo per l’arte germanica. Nel marzo del 1893 scrisse al pittore Johan Rohde:"Per quanto riguarda la collocazione nell’ambito dell’arte tedesca, vorrei dire soltanto una cosa - ha il vantaggio di aver creato degli artisti che sono molto, molto al di sopra di tanti altri, unici a loro modo - per esempio Bócklin, che a mio avviso è al di sopra di tutti i pittori contemporanei, Max klinger Thoma. Tra i musicisti Wagner, i filosofi Nietzsche. La Francia ha un’arte superiore a quella tedesca, ma non ha artisti al sopra di quelli menzionati. »
Munch Edvard
TRENO SMOKE, 1900
olio su tele di canapa 84,5 x 109 centimetri
L’unico per il quale ebbe parole positive fa Bócklin, a differenza degli artisti dell’avanguardia per i quali non era adeguato ai tempi. In Munch vi sono affmità con la pittura di Bócklin sia nella scelta dei soggetti che nell’esecuzione formale, ma uno studio molto approfondito di Erik Morstad sembra escludere un’influenza così evidente.
Munch era fondamentalmente diverso da Bócklin e da altri pittori tedeschi che appartenevano alla tradizione letterario-simbolista che rientra nella concezione di Gedankenmalerei, "Dipinto del pensiero ", il cui esponente di spicco era Max Klinger, che Munch. aveva conosciuto tramite Christia Krohg, grande amico del pittore. L’uso del simbolo come elemento di eterno ritorno nella tradizione romantica è stato contrapposto al "Dipinto del pensiero". Come il Simbolismo anche ’Il dipinto del pensieró"vuole dare forma al mondo invisibile della psiche, ma senza cercare l’unità tra forma e significato, considerandoli paralleli cossichè i dipinti diventano personificazioni o allegorie. Fanno parte di questa corrente ben consolidata della pittura tedesca Amold Bócklin, Moritz von Schwindt e Hans Thoma fino a Max Klinger e Franz von Stuck. Nella letteratura critica il Gedankenmalerei è frequentemente associato al simbolismo. Munch raramente utilizza il simbolo in modo convenzionale, come strumento per rappresentare l’allegoria; ne fa invece un’interpretazione distaccata e in questo si diversifica dalla tradizione tedesca. Non tenta di illustrare in senso allegorico la lotta tra le forze dell’universo, utilizzando creature del mito, ma crea i propri simboli attingendo dalle sue esperienze vissute e dalla sua mitologia personale. Solo per un breve periodo intorno al 1895 si cimenterà con un genere di allegorie illustrate soprattutto sotto forma di opere grafiche. Spesso sono questi pochi lavori a essere 1 citati come esempio dell’influenza del simbolismo tedesco. Il suo scetticismo nei confronti di quanto ci fosse di tendenzioso nella cultura tedesca contribuì a farlo riavvicinare all’arte francese, con la quale era rimasto sempre in contatto
tramite le frequenti mostre dei contemporanei francesi a Berlino.
Il suo ravvivato contatto con la Francia era dovuto a un incontro avvenuto a Parigi nel 1894 con il marchese Prozor, il traduttore francese delle opere di lbsen e con il direttore di teatro Aurelien Lugné-Poe, che aveva in programma sia Ibsen che Strindberg. Tramite Aurelien Lugné-Poe era entrato in contatto con il teatro sperimentale dove il forte interesse per la drammaturgia scandinava gli faceva ben sperare nell’opportunità di esporre a Parigi.
La maggior parte della critica accolse sfavorevolmente i suoi dipinti. Secondo Rapetti la reazione alla pittura di Munch dipendeva dalla cultura letteraria dei critici o dal fitto che fossero essi stessi degli scrittori. " Per comprendere la peculiarità della sua arte era necessaria la conoscenza delle correnti di pensiero che percorrevano l’Europa del tempo e una visione dell’arte non confinata alla pittura. L’appartenenza a quello che Rapetti chiama una " cultura simbolista era il segno distintivo di coloro che accoglievano positivamente l’arte di Munch .
Quella cultura che, con il finire degli anni 90, non era più all’avanguardia, si sarebbe identificata con posizioni politiche sempre più conservatrici, per poi disintegrarsi verso il 1900.
Considerando l’essenza del modernismo del dopoguerra come un processo di purificazione autocelebrativo espresso nella propria forma artistica, i maestri ufficiali della pittura e della teoria non accolsero Munch nella propria schiera per lo "sprezzo" da lui ostentato per la specificità del singolo mezzo espressivo nella sua produzione. Nella sua pittura Munch usò liberamente tecniche e materiali, rompendo con l’idea del singolo mezzo espressivo inteso a se stante, libertà che gli permise di raggiungere i risultati migliori come il dipinto L’urlo (Nasjonalgalleriet ), dove riunisce diverse tecniche di
Munch Edvard
QUATTRO RAGAZZE IN ÅSGÅRDSTRAND, 1903
Olio su tele di canapa 87 x 111 centimetro
pittura e grafica al disegno, "sporcando" la sua arte.
E questa elaborazione che segnerà il suo percorso artistico dopo il 1900, dove Munch coltiverà le particolari qualità formali di ogni singolo mezzo espressivo.
Con gli inizi del Novecento, Munch si allontanerà dall’iconografia degli anni 80 e 90 che legava le tematiche personali a quelle letterarie, ricorrenti anche nella letteratura simbolista.
Da allora fu alla ricerca di un’espressione " più univoca" dei mezzi formali, soprattutto nel colore che assumerà un ruolo sempre più importante nella sua arte, fino a diventare nel 900 decisamente spregiudicata.
Quando Henri Matisse ripensò agli effetti suscitatigli dall’arte di Munch, capì che non a caso era stato colpito dal colore:" è stato uno dei primi che al Salon des Independants a Parigi ha saputo dare al colore una nuova espressione in grandi tele di grande armonia Munch, riprendendo vecchie tematiche, le rielaborerà, sviluppandone l’aspetto pittorico.
Il suo percorso, dopo il 1900, corrrisponde alla svolta in quella direzione formalista dominante nella pittura e nella teoria dell’arte. Nel suo procedere in questa direzione ben si prestava il viaggio in Italia nella primavera del 1889, all’insegna di un rinnovato incontro con rarte classica. In particolare l’arte rinascimentale vista a Firenze e a Roma possono averlo ipirato nei grandi lavori monumentali e decorativi, una tendenza generale della pittura del tempo e in particolare nel movimento artistico dei Nabis. Ma in quest’ultimi non assunse mai l’aspetto di arte decorativa per l’arredamento degli interni. I soggetti di Munch erano difficilmente adattabili, per la loro natura inquietante, a decorazioni d’interni. Tuttavia i suoi collezionisti e estimatori non si sono privati di godere delle sue opere grafiche allestendole anche nei propri ambienti privati, forse perchè demoni e fantasmi venivano in qualche modo nascosti dall’astrazione del disegno decorativo che, nella sua tarda produzione artistica, Munch utilizzò come sfondo.
Fino ad allora, "il pittore filosofo’’ Edvard Munch era stato visto, dai critici e dai pittori del tempo, come un artista sempre in conflitto con il suo pubblico, ma adesso emerge un altro Munch, meritevole di approvazione incondizionata, come se si fosse "ripulito" dalla filosofia :"nessun artista norvegese prima di lui ha ridotto il dipinto, in modo così brutale, a una veduta d’insieme. Forse può dirsi compiuto solo il suo stile pittorico, limpido e e magistrale. `50 Opinione, questa, condivisa anche da altri scrittori agli inizi del Novecento: "Per quanto possa sbagliare e di conseguenza apparire rozzo, perfino offensivo accanto ai francesi così civilizzati, si ha comunque e sempre la sensazione che m potente genio della pittura si stia esprimendo con travolgente originalità.’ Gli autori delle due citazioni rappresentano la tendenza, che si sarebbe stata rafforzata agli inizi del Novecento, di considerare le questioni estetiche del dipinto altrettanto importanti quanto quelle formali.
Dalla lettera scritta nel 1905 al suo mecenate Ernst Thiel, risulta come anche Munch. si sentisse vicino a questa posizione accentuando nelle sue opere l’aspetto formale: Mal dipinto che Le ho dato si vede come già dagli inizi - 1889 -fosse prevedibile la direzione che avrebbe preso la mia arte verso il trattamento della superficie, l’effetto decorativo e la composizione."
Il suo status dì agitatore radicale si stava trasformando in quello di precursore, ormai affermato, del modernismo contemporaneo d’orientamento formalista. Già a partire dell’autunno dell’89 fino al ’92, Munch aveva realizzato numerosi dipinti di grande luminosità, dove si rifaceva ai paesaggi di Nizza, ma anche in quei soggetti compresi dalla La vie moderne, manteneva lo stesso punto di vista del quadro a cui si ispirava. In altri lavori minori si cimentò con uno stile vicino alla pittura puntinista dai tratti del pennello più lunghi e marcati.
Munch rappresenta la
Munch Edvard
Self-portrait CON Una BOTTIGLIA DI WINE, 1906
Olio su tele di canapa 110,5 x 120,5 centimetri
modernità con immagini che riflettono m’immediatezza m’adesione alla vita e una gioiosità che ci riporta ai suoi inizi, come se affermasse anche l’esistenza di un altro lato della sua arte, diverso da quello oscuro, assorto da pensieri di solitudine e di morte. Sarà questo lato che riporterà alla luce nella sua produzione matura, quando, nel 1909, tornò definitivamente in Norvegia, consolidando la sua posizione di esponente di spicco di una tradizione formalista cm radici nella cultura francese.
Munch fu accolto con calore dai giovani artisti norvegesi che in lui vedevano la continuazione dell’impressionisino mentre altri lo percepivano una figura di grandezza tale da condizionarli. L’ideale artistico e in particolar modo quello di coloro che nel 1909 erano stati allievi di Matisse, perseguiva le qualità coloristiche e decorative dell’arte contemporanea francese unite all’espressionismo nordico. In questo modo l’arte norvegese assorbì tutte le contraddizioni dell’arte contemporanea, di cui ha assunto un valore esemplare il fregio decorativo dell’Aula Magna dell’Università di Oslo iniziato da Munch nel 1911 e finito nel 1918.
Al termine dei lavori per l’Aula Magna, Munch sperava in altri incarichi per l’esecuzione di opere decorative. Dopo l’esposizione nel 1918 de Il Fregio della vita--- l’occasione si presentò nel 1922 con l’incarico di eseguire i lavori di decorazione di due sale mensa, per le operaie e gli operai della Fabbrica di Cioccolato Freja (oggi Krafts Food). Munch eseguì un fregio murale in un delle mense utilizzando come soggetto decorativo la vista dalla sua casa di Ǻrsgårdsstrand arricchendolo con altre tematiche che risalivano agli anni 90.
Nel 1926 inizia gli studi preparatori per gli affreschi destinati al Municipio di Oslo, rinunciandovi, però, nel 1935. In questi studi e negli altri lavori che seguiranno continuerà, senza sosta, la sua sperimentazione formale e contenutistica. Eseguì nuovi dipinti dove il paesaggio e le figure sono trattati in modo sempre più spregiudicato. Il suo percorso pittorico non procedeva più rapportandosi all’avanguardia contemporanea, ma al proprio linguaggio artistico. A questo punto Munch non è più una forza innovatrice dello scenario artistico europeo ma un modernista affermato e acclamato che compie il suo percorso.
 




2005-04-01