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Perché il potere dà alla testa |
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Una delle più forti passioni dell’animo umano è certamente la brama del potere o per meglio dire la frenesia incondizionata che gli esseri umani provano per l’esercizio del comando. Su questo sentimento universale sono nati e cresciuti del resto slogan, dicerie, addirittura modi di dire e proverbi famosi. Una versione popolare di questa indomabile infatuazione ci suggerisce, ad esempio, che il comandare (ovvero avere potere) dà una sensazione di piacere che nemmeno l’atto sessuale riesce a eguagliare. E poi è rimasta famosa l’”epigrafe” andreottiana secondo cui la gestione del potere non arreca stanchezza ma semmai sfibra e distrugge solo coloro che di quella facoltà sono sprovvisti. Forse però la motivazione più giusta la ha intuita Bertrand Russell secondo cui il potere nasce dal fatto che gli uomini sono posseduti da desideri illimitati e per questo mai appagabili del tutto. Ma la pratica del potere ha procurato storicamente immani disastri tanto che una sola elencazione sarebbe impossibile. Una volta investito di potere l’uomo si sente via via autorizzato a compiere qualsiasi atto; le atrocità commesse dai dittatori nel corso dei secoli ne sono una tragica testimonianza. Il problema è che l’individuo al potere finisce sempre per sentirsi autorizzato a compiere qualsiasi azione ponendosi al di sopra di tutto, leggi comprese. La stranezza per così dire consiste tuttavia nel fatto che, al di là di alcune eccezioni, il potere viene di solito conferito al singolo per volontà della massa assumendo le più varie connotazioni, dall’accettazione entusiastica del dispotismo politico alla pratica dell’idolatria divistica professata anche nei confronti di personaggi del mondo dello sport, dello star system, o perfino dell’economia e della finanza. In definitiva è come se si delegasse ad altri la propria identità, “accontentandosi” di vivere di riflesso nei gesti e negli atteggiamenti di un capo carismatico. Talvolta capita però che il potere abbia una funzione distruttiva anche per il suo detentore. E questo avviene quando chi sta al vertice non si rende conto dei limiti che qualsiasi funzione ha o può avere. Chi si è illuso di potersi permettere tutto e il contrario di tutto ha sempre poi fatto una brutta fine. La storia millenaria dell’umanità lo testimonia del resto egregiamente. L’esempio paradigmatico è quello dell’imperatore Caligola che fu assassinato a seguito di una congiura, dopo aver nominato senatore il suo cavallo prediletto. Lo sprezzo non fu ovviamente tollerato, anche se paradossalmente, a giudicare dal nostro recente “bestiario” politico, si potrebbe persino pensare che, pure chi ha avuto in mano la cosa pubblica non si è poi comportato meglio di come avrebbe fatto un animale (per di più intelligente come è appunto il quadrupede equino). Ma ora ci tocca riflettere anche su casi diremmo di harakiri da potere, il più sensazionale dei quali – che passerà sicuramente alla storia nella categoria della esemplarità – è quello del capo della lega che sentendosi evidentemente onnipotente e deificato dalla massa ha finito per farsi fuori da solo. Alla fine qualsiasi forma assuma, il potere è anch’esso pericoloso oltre che transitorio proprio perché come ci ha ricordato appunto Bertrand Russell non è possibile soddisfare tutti i nostri illimitati desideri; e allora sarebbe più utile e produttivo imparare a coltivare e gestire insieme con altri idee e progetti di sana condivisione e solidarietà. Antonio Filippetti |
2019-09-30
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