articolo 1371

 

 
 
Alain Tanner: -Il cinema? E’ un atto militante-
 







Boris Sollazzo




Alain Tanner

Ottant’anni, Alain Tanner. E se non ci dicesse lui di essere stanco, non ce ne accorgeremmo. Le nipotine, bionde e bellissime (Julie, Louise e Charlotte) gli danno filo da torcere, ma lui tiene loro testa con piglio allegro e grintoso. Il cinema lo amareggia, lo ha abbandonato sei anni fa con Paul s’en va. -Non ho mai fatto film per il grande pubblico, ma per un solo spettatore che speravo potesse moltiplicarsi. La mia proverbiale sincronia con gli eventi della Storia e la mia capacità di coglierli e raccontarli è arrivata fino agli anni ’90. Il mio ultimo film, Paul s’en va, è volutamente slegato da ogni attualità. E’ stato il mio addio al cinema, parla di bellezza, gravità e leggerezza. Ma il botteghino ha detto che nessuno vuole vedere questo tipo di cinema. Dopo mezzo secolo di cinema, quindi, ho capito che non era più il caso di continuare. Non ho più voglia di battermi e sbattermi contro il sistema, sempre a cercare soldi e la possibilità di mostrare il mio cinema. Se ci sono riuscito per decenni è perché ho avuto la fortuna di creare una rete internazionale di amici distributori e produttori, ma ora è cambiato tutto. E soprattutto, non ci si diverte più. E per me il cinema è sempre stato piacere e lavoro-.
Autore di opere come La salamandra (un anno di tutto esaurito nelle due sale del mitico Roger Diamantis al Quartiere Latino di Parigi, 200.000 biglietti venduti) e Jonas che avrà 20 anni nel Duemila, è stato sempre un pragmatico e combattivo idealista. Motivo per cui, forse, non ha mai raccolto (tutti) gli onori che meritava. Motivo anche, però, del suo successo tra il pubblico. Dal ’69 in poi, più di altri seppe capire e raccontare gli ideali e le emozioni della generazione che provò a cambiare il mondo. Ed è nel 1969 che esce Charles, mort au vif. Vince proprio a Locarno e comincia la sua storia di ribelle di successo. -Splendido regalo di compleanno tornare qui per questo Pardo
d’Onore. Mi commuove. Quello fu un film girato con pochissimi mezzi e nulla era facile: fummo comunque rifiutati da tutti i distributori svizzeri, si costituì un accordo di cartello tra loro, arrivammo fino in tribunale. Fare cinema è un atto militante, si diceva all’epoca, ed è così. Dovreste leggere le critiche a Charles o a La salamandra: che insulti, che battaglia. Allora vincemmo, oggi abbiamo perso la guerra purtroppo-. Alcuni lo vedono come un uomo di un altro pianeta, un residuato. Ma lui orgogliosamente racconta di come Jonas che avrà 20 anni nel Duemila, dopo anni di oblio, sia tornato alla ribalta, richiesto da tutto il mondo. E vale anche per altri lungometraggi, alcuni dei quali mostrati qui a Locarno, in un miniomaggio alla sua arte. -I miei film ora tornano attuali perché si sente la mancanza delle utopie sociali, i giovani cercano ancora tante strade per trovare il modo di sopravvivere all’orrore di questo mondo. Vogliono speranza nel futuro e invece in questi anni il pensiero dominante è la paura-. Un fiume in piena, con la solita rabbia sobria di chi forse si è ritirato dal cinema, ma di sicuro non ha nessuna intenzione di sottostare alle regole di un mondo che non ama. Di piegarsi al conformismo. Riconosce parte del merito a una biografia inquieta- -dovevo sempre viaggiare-- e all’Italia. -Dall’adolescenza ho sempre avuto voglia di fuggire dalla Svizzera. Che non amavo e non amo ancora oggi. Per vedere il mondo lavorai nella marina mercantile, poi nel ’47-’48 scoprii il neorealismo italiano e sorse una gran voglia di cinema-. E questo è solo l’inizio. Questo rivoluzionario deluso ma non disilluso, sembra tornare il giovene pieno di talento e coraggio che era. -Ebbi la fortuna di sbarcare negli anni ’50 in Inghilterra, trovai Anderson e Richardson, e mi avvicinai al Free Cinema, partecipai alla loro presa di posizione militante contro l’establishment inglese di allora violento, reazionario e conservatore. Erano gli angry young man. Poi andai a Parigi, grazie ai contatti con la nouvelle vague, ma lì mi trovai peggio, mi sembrava ci fosse un clima anarchico di destra». La storia del cinema, secondo Tanner. E oggi, al Forum Spazio Cinema di Locarno, incontro col pubblico. Imperdibile.



2010-08-12