Realtà e rappresentazione/Uno, nessuno, centomila
 











Chissà quanti tra i nostri politici avranno letto il romanzo di Luigi Pirandello “Uno, nessuno, centomila”, pubblicato circa un secolo fa; suppongo davvero pochi ma non dubito che almeno il titolo l’abbiano sentito pronunciare o l’abbiano usato loro stessi in determinate occasioni. Eppure, quell’espressione è davvero un’etichetta che potrebbe realisticamente applicarsi al loro modo di vivere e agire. Infatti, il politico tipo italiano non si fa specie di travestirsi camaleonticamente pur di continuare a esercitare la propria funzione incurante non solo della coerenza, che pur dovrebbe essere una dote di chi afferma di spendersi per determinate cause, ma dimentico di tutto quello che ha detto e fatto il giorno prima.
 I cosiddetti cambi di casacca sono all’ordine del giorno, rappresentano anzi una costante da esporre addirittura come una medaglia al valore.  Ma c’è poi qualcosa che va  al di là dell’azione concreta eche riguarda soprattutto  i comportamenti quotidiani, a partire  dalle cariche apicali: oggi affermano una data cosa e all’indomani sostengono il contrario senza un minimo di pudore (o vergogna) a cominciare dalla  Presidente del Consiglio dalla quale aspettiamo, tra l’altro, di sapere quando si realizzerà a suo giudizio la promessa secondo cui  “la pacchia  è finita”. Il campione di questo “girellismo” vergognoso è Matteo Renzi che dopo aver frequentato diremmo tutti gli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama, ridotto ad un consenso    elettorale da prefisso telefonico, si propone di rientrare in un partito che ha guidato in passato  con adesioni del quaranta per cento. Ma la cosa  in questo caso più buffa ovvero più tragica  è che  “gli altri” lo prendono seriamente  in considerazione a conferma della schizofrenia incontrollabile  del “sistema”.
Ad onor del vero occorre dire che questa spudoratezzacomportamentale non appartiene soltanto al mondo della politica ma coinvolge ormai  quasi tutti  gli ambiti della  società nel suo complesso; la ritroviamo fiorente infatti  nel mondo dello spettacolo e dello star system, nello sport,  nell’economia, nella comunicazione  e nella cultura a conferma  che ciascuno  si crea una particolare immagine, salvo sconfessarla un attimo dopo per convenienza ed altre ragioni poco chiare. La rappresentazione prende ogni volta il posto della realtà, perché si vive appunto in una continua teatralità dove il travestimento è quasi un obbligo. Viene da pensare a Leopoldo Fregoli, considerato l’inventore del trasformismo teatrale e trasformista per antonomasia. E se il teatro ufficiale non se la passa tanto bene, quello che si attiva ogni giorno al di fuori dei luoghi deputati gode davvero ottima salute grazie proprio ai tanti Fregoli che si alternano incessantemente sul palcoscenico.
Antonio Filippetti






2024-08-02


   
 



 
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