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Se i sogni muoiono all’alba |
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Diceva Blaise Pascal che “per conquistare il futuro bisogna prima sognarlo”. Per una strana coincidenza mi è capitato di fare un sogno in cui si è presentata una realtà in chiave forse utopica ma certamente assai diversa dalla realtà del presente. Mi sono ritrovato a vivere cioè in una città tranquilla in una giornata che sembrava di primavera avanzata, senza schiamazzi e frastuoni vari; le persone che incontravo apparivano serene e disposte al saluto, mentre le automobili scorrevano silenziose e si fermavano tutte per dare la precedenza ai pedoni, giovani e anziani. I marciapiedi erano tutti sgombri: nessuna occupazione di tavolini, sedie e bancarelle. Era insomma un vero piacere poter vagabondare all’aperto. Od anche fermarsi in qualche spiazzo e sedersi comodamente a leggere il giornale su una panchina linda e ordinata in mezzo agli alberi. Qua e là spuntava anchequalche fiore e da lontano arrivava il fresco irrorato da una fontana monumentale. Una volta seduto, ho ascoltato il compiacimento di altri cittadini che erano felici per aver rapidamente risolto problemi burocratici senza aver dovuto nemmeno penare a lungo in fila. Poi d’improvviso s’è fatto sera ma lo scenario intorno a me è rimasto accattivante. Le strade si sono riempite di giovani sereni a apparentemente felici che si dirigevano verso cinema e locali d’intrattenimento ma con fare garbato e accogliente; niente strattoni e volgarità goliardiche. Altri se ne ritornavano a casa utilizzando il metrò, le cui corse erano puntuali, ma non senza essersi prima fermati a guardare e commentare ammirati le numerose opere d’arte distribuite all’interno della stazione. A questo punto mi sono tranquillamente diretto verso casa, ma senza fretta, senza cioè alcun timore difare brutti incontri, non c’era infatti nessun barbone accasciato su carte e cartoni e le strade illuminate esprimevano sicurezza. Una volta rientrato nel mio domicilio ho acceso la tv e da tutte le reti erano scomparsi i talk shows, non c’erano i soliti personaggi litigiosi e “incazzati”, i teatrini con le eterne pagliacciate degli eterni impostori; i diversi canali trasmettevano film classici, concerti e opere liriche, commedie di grandi autori e grandi interpreti, qualche altra rete trasmetteva eventi sportivi ma con telecronache pacate, per nulla gridate, ad un tratto mi è parso perfino di ascoltare Nando Martellini e Bruno Pizzul. Nell’inevitabile confusione onirica non sono riuscito a identificare la città del sogno, ma qualcosa suggeriva inconsciamente, per la maestosità dei luoghi, che si trattava in ogni caso di una città italiana. Antonio Filippetti |
2021-12-01
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