PARCE SEPULTO In un suo quotidiano “caffè” Massimo Gramellini se la prende con coloro che nel commentare la morte di Maurizio Costanzo tirano in ballo l’episodio della sua iscrizione alla P2 e usa toni risentiti verso tutti questi tastieristi “lapidatori”. Non si può non dargli ragione. Ma nel farlo occorrerebbe anche avere una visione più ampia (obiettiva?) del cosiddetto stato dell’arte. Non vanno bene neanche coloro che si sperticano in incensature fuori da ogni contesto e che con ogni probabilità non sarebbero state gradite nemmeno all’interessato. Il guaio è che in un modo o nell’altro nessuno vuole perdere l’occasione del palcoscenico mediatico anche in episodi non proprio felici, senza temere di andare ben al di là della realtà; ma un posto a tavola (anche uno strapuntino) fa gola a tutti. In fondo varrebbe invece la pena di attenersi semplicemente all’indicazione virgiliana del “parce sepulto” o, più terra terra, concludere che “se ne vanno sempre i migliori”. Antonio Filippetti Sport e cultura (il corsivo) Nella stagione che passerà alla storia come quella della pandemia da coronavirus, ci sarà per molti appassionati di calcio anche da ricordare la decisione di Leo Messi di lasciare, dopo avervi trascorso una vita, la famiglia del Barcellona. Qualcuno infatti si sta già chiedendo come sarà il mondo dopo l’addio della “pulce” ai blaugrana barcellonesi così come da più parti ci si domanda come sarà la vita dopo il Covid 19.In questo caso le speranze fanno affidamento sulla ripresa della cultura, come è stato più volte auspicato anche dall’Unione Europea. L’industria del pallone, come si sa, muove una montagna di soldi anche se i bilanci complessivi sono sempre piùorientati al “profondo rosso”. Ma in questo panorama sotto tanti aspetti anomalo, fa sensazione che proprio Messi abbia fatto già da tempo alcune “confessioni”, che sono state riprese dall’intervista rilasciata dal campione anni fa a Gian Antonio Stella. In quell’intervista, Messi dichiarava tranquillamente di non aver mai letto in vita sua un solo libro, fatta eccezione per quello sulla vita di Maradona. In più i suoi nonni erano italiani, originari di Recanati, la patria di Giacomo Leopardi, eppure anche qui Messi affermava candidamente di non aver mai sentito nemmeno pronunciare il nome del grande poeta. Insomma pallone e denari tanti ma cultura zero. L’antico motto di Giovenale, “mens sana in corpore sano”, andrebbe allora probabilmente riscritto se non cancellato del tutto. Antonio Filippetti
Il corsivo/ Vincere senza giocare La convention democratica degli Stati Uniti ha ufficialmente incoronato Joe Biden quale sfidante di Trump nella corsa alla Casa Bianca per le prossime presidenziali di novembre. Con tutto quello che sta accadendo nel mondo ancora non si sa definitivamente però se le elezioni si terranno alla data canonica, viste in particolare le perplessità di Trump sull’efficienza delle votazioni per posta. Al momento tuttavia, la “sorpresa” è un’altra e riguarda proprio lo sfidante. Finora, infatti, Biden è risultato pressoché inesistente sulla scena pubblica, oscurato dall’”efficientismo” di Trump che oltre a mostrarsi continuamente sui media di ogni tipo, ha continuato a “spararle” a ciclo continuo. nella speranza/certezza di essere perennemente al centro dell’attenzione. Ma Biden non si è fatto scrupolo della sua “inesistenza”. La cosa strana, infatti, è che con questo panorama tutti i sondaggi danno Biden in netto vantaggio sul suo avversario, come adire che più Trump straparla e Biden tace e più quest’ultimo sale nei consensi. Con buona pace di tutti gli spin doctors e persuasori vari. Insomma, a giudicare da quello che sta succedendo negli Stati Uniti, nasce il dubbio che si può anche vincere senza giocare. Un po’ come è successo ad esempio nel gioco del pallone laddove una squadra (la Juventus) ha vinto il campionato senza giocare (senza avere un gioco) ma solo perché gli altri non hanno saputo competere. Antonio Filippetti La scomparsa di Sergio Zavoli Un destino che accomuna le personalità di maggior rilievo nel momento della commemorazione per la loro scomparsa è quello di vedersi oggetto di frasi ripetute e scontate che tendono tutte a magnificare “post mortem” colui che non c’è più. Accade sempre e ovviamente è avvenuto anche nel recente caso della dipartita di Sergio Zavoli. Che è stato un personaggio eminente della cultura, del giornalismo e della politica ma che forse proprio per questo non merita di essere inserito nella “fossa dei coccodrilli” ( gli articoli che tutti i giornali preparano con largo anticipo sui personaggi famosi e tirano fuori al momento della morte). Intanto i titoli di questi pessimi necrologi contengono sempre la parola ultimo: l’ultimo maestro, l’ultimo signore, ecc., il che fa pensare che non vi sia più speranza per chi resta salvo poi scoprire, alla prossima morte, che gli ultimi per così dire non sono ancora finiti…..Nel caso di Zavoli si è sbandierato ai quattro venti che è stato anche colui che ha cambiato il modo di fare giornalismo in specie quello televisivo. Detto così non è, ahimè, un complimento se si pensa a come è ridotto l’apparato comunicativo (radio, televisione e carta stampata) negli anni del dopo Zavoli. in questo caso verrebbe da pensare più a una colpa che a un merito e poi stando così le cose del presente, vieneanche da domandarsi come doveva essere allora l’informazione prima di Zavoli. In un epoca di conformismo inquietante ed aberrante sarebbe più utile e intellettualmente produttivo lasciar perdere le “omelie” di maniera e lasciare in pace chi ha saputo svolgere con passione e dignità il proprio mestiere. Antonio Filippetti
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