Il nostro diventa sempre più un paese pieno di contraddizioni nel senso che riesce a far convivere stili di vita, atteggiamenti, personaggi assai diversi tra di loro, a prima vista inconciliabili, senza che questo “turbi” poi in qualche modo il comune vivere civile. Stiamo anzi vivendo una fase di marcata assuefazione intellettuale, laddove il gossip o il pettegolezzo occasionale sono bene accetti e il pensiero critico risulta sempre più relegato in secondo piano. Per contro registriamo poi anche – ed ecco la contraddizione – una cocciuta intolleranza nei confronti di mentalità, credenze, stili di vita di chi s’ispira e/o crede in altri valori. Tutto ciò finisce ovviamente per generare comprensibili perplessità; non si tratta tanto di avere a che fare con atteggiamenti o mentalità diverse ma ugualmente degni di cittadinanza, quanto la creazione di un diffuso clima confusionale laddove risulta difficile orientarsi e soprattuttoricavarne uno status di giudizio. Viene da pensare a una recente vignetta laddove un povero personaggio si chiede perplesso: “Insomma stiamo bene o stiamo male?” E ovviamente non sa darsi una risposta. Il problema sta proprio in questo interrogativo irrisolto. A ben guardare, infatti, esistono anche in casa nostra alcuni livelli di eccellenza: nelle arti come nelle capacità manageriali così come non mancano episodi di straordinario altruismo e solidarietà. Si prenda il caso ad esempio di come la struttura medica-ospedaliera si è data da fare, con successo, per salvare la piccola Noemi gravemente ferita a Napoli da un proiettile sparato da un killer camorrista, oppure si faccia riferimento alla corsa dei tanti volontari pronti a donare il midollo osseo al bisognoso di turno. A questi atti che potremmo definire di eroico altruismo fa da contraltare un altrettanto nutrito campionario diferocia e intolleranza: i femminicidi a raffica, i raid malavitosi, il cinismo del malaffare sempre più diffuso, l’insensibilità e l’intolleranza nei confronti dei più deboli, il bullismo gratuito (e spesso vigliaccamente giustificato), e via di questo passo. La divaricazione tra opposti comportamenti determina alla fine quel clima di sconcerto al quale si è fatto riferimento ed è proprio questa difformità sociale a segnare più decisamente il periodo storico che stiamo vivendo. Ma lo status di un paese, e quello che fornisce un indice di valutazione civile, non sta negli opposti estremismi sibbene in una condizione diremmo di equilibro grandemente condiviso. Ed è proprio questo che definisce ciò che gli anglosassoni chiamano “standard of living”, vale a dire il grado di vivibilità di un popolo o di una società in un determinato momento storico. Dalle parti nostre sembra viceversa che questa linea mediana di consistenza e certezza siadecisamente smarrita con tutte le conseguenze che ne derivano. Antonio Filippetti
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