Si dice - ed è vero - che a bocce ferme si ragiona meglio. Nel senso almeno che non si è sotto l’influsso spesso ingannevole delle emozioni del momento e si è in grado di vedere gli avvenimenti in una luce più obiettiva. Potremmo allora cominciare a valutare, adesso che si è concluso, il nostro Forum Universale delle Culture di Napoli in maniera più serena. In corso d’opera, per così dire, sono piovute critiche da tutte le parti e francamente è stato assai difficile anche per i diretti interessati, vale a dire gli organizzatori dell’evento, difendere la manifestazione. D’altra parte anche una difesa d’ufficio, per quanto comprensibile, è sempre apparsa decisamente fuori luogo. Come sostenere infatti un episodio culturale strombazzato ai quattro venti che non è riuscito nemmeno a confrontarsi con i tempi essendo stato programmato per il 2013 per poi svolgersi soltanto un anno dopo?Basterebbe soltanto questo dato per chiudere subito il libro nero delle polemiche e dei rimbrotti. Ma poiché “non fa scienza sanza lo avere inteso”, (lo ha detto Dante) e soprattutto pensando che la storia della cultura locale e nazionale non possa e non debba finire qui e che ci possano essere altre occasioni per “mettersi alla prova”, si può tentare di fare qualche considerazione “costruttiva” che, si spera, potrà essere presa in considerazione in avvenire. Soprattutto per evitare di commettere errori gravi e ne elenchiamo qui solo alcuni. Appare evidente che nel caso specifico è mancata una seria programmazione ed un ruolo guida. I nomi “di grido” chiamati a governare la baracca erano tutti personaggi inadeguati alla funzione per esperienza, competenza, capacità o voglia di operare. E’ stata messa in campo la solita manfrina della scelta di personalità fatta con criteri diremmoextra-territoriali. E i risultati si sono visti. E’ totalmente mancata poi la concertazione tra gli enti preposti. Regione e comune sono stati per così dire incapaci di dialogare, dimostrandosi spesso inutilmente litigiosi, e con prestazioni sicuramente al disotto di uno standard appena passabile. Alla carenza di concertazione istituzionale ha fatto riscontro il mancato coinvolgimento delle strutture territoriali in grado di dare un apporto concreto e valorizzare l’evento. Quella dei bandi è stata davvero la conferma di una totale incapacità gestionale. Bandi senza termini perentori (tranne che per i concorrenti), affidati a personaggi sicuramente poco “pratici” delle materie in cui venivano coinvolti e non si sa fino a che punto (invero molto scarso) in grado di valutare la qualità delle proposte tranne che limitarsi ad una rigida ma insufficiente applicazione delle regole burocratiche. Eppure unasoluzione esisteva ed era anche semplice da praticare: affidare i singoli settori a strutture di comprovata esperienza esistenti sul territorio e lasciare che fossero loro a “guidare” le diverse anime in cui il Forum intendeva spaziare assicurandosi (o pretendendo) un collegamento reale con gli enti di promozione turistica nazionale. Ed evitare la “tragica” distribuzione “a pioggia” delle risorse. E’ successo di conseguenza che il coinvolgimento popolare è stato scarsissimo, ovvero inesistente in termini pratici, visto che neanche i locali sapevano che era in corso un evento, per di più di ambizione internazionale. E non stupisce allora che, come un segno inevitabile del destino, il Forum iniziato male sia finito anche peggio con il caos creatosi al conservatorio di musica San Pietro a Majella per la cerimonia di chiusura con il concerto/lezione del maestro Muti che ha dovuto registrare, oltre agli immancabili disservizi, anche episodi preoccupanti per casi di malore verificatisi tra i presenti. Qualcuno, nemmeno tanto stralunato, si è chiesto: ma il Forum dov’è? E qualcun altro ancora: ma il Forum cos’è? Perché in futuro per eventi simili si possa almeno rispondere adeguatamente, non sarebbe sbagliato se chi di dovere procedesse ora a un’attenta analisi dei tanti limiti che contraddistinguono la nostra capacità (incapacità) di fare cultura. Antonio Filippetti
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