Tempo di bilanci per la cultura
 







Antonio Filippetti




Si dice  - ed è vero -  che a bocce ferme si ragiona meglio. Nel senso almeno che non si è sotto l’influsso spesso ingannevole delle emozioni del momento e si è in grado di vedere  gli avvenimenti   in una luce più obiettiva. Potremmo allora cominciare a valutare, adesso che si è concluso,  il nostro Forum Universale  delle Culture di Napoli  in  maniera più serena. In corso d’opera, per così dire, sono piovute critiche da tutte le parti e francamente è stato assai difficile anche per i diretti interessati, vale a dire gli organizzatori dell’evento, difendere la manifestazione.
D’altra parte  anche una difesa d’ufficio, per quanto comprensibile, è sempre apparsa decisamente fuori luogo. Come  sostenere infatti  un episodio culturale strombazzato ai quattro venti  che non è riuscito nemmeno a confrontarsi con i tempi essendo stato programmato per il 2013 per poi svolgersi  soltanto un anno dopo?Basterebbe soltanto questo dato  per chiudere subito il libro nero delle polemiche e dei rimbrotti.  Ma poiché “non fa scienza sanza lo avere inteso”, (lo ha detto Dante)  e soprattutto pensando che la storia della cultura locale e nazionale non possa e non debba finire qui e che ci possano essere altre occasioni per “mettersi alla prova”, si può  tentare di fare  qualche considerazione “costruttiva” che, si spera,  potrà   essere presa in considerazione in avvenire. Soprattutto per evitare di commettere errori gravi e ne elenchiamo qui solo alcuni.  Appare evidente che  nel caso specifico è mancata una seria programmazione ed un ruolo guida. I nomi  “di grido” chiamati a governare la baracca erano tutti personaggi inadeguati alla funzione per esperienza, competenza, capacità o voglia di operare. E’ stata messa in campo  la solita  manfrina  della scelta di personalità   fatta con criteri diremmoextra-territoriali. E i risultati si sono visti. E’ totalmente mancata poi la concertazione tra gli enti preposti. Regione e comune sono stati per così dire  incapaci di dialogare, dimostrandosi spesso   inutilmente litigiosi,  e con prestazioni  sicuramente al disotto di uno standard appena passabile. Alla carenza di concertazione istituzionale ha fatto riscontro il mancato coinvolgimento delle strutture  territoriali in grado di dare un apporto concreto e valorizzare l’evento. Quella dei bandi è stata davvero la conferma di una  totale incapacità gestionale. Bandi senza termini perentori (tranne che per i concorrenti), affidati a personaggi  sicuramente poco  “pratici” delle materie  in cui venivano coinvolti  e non si sa fino a che punto (invero molto scarso) in grado  di valutare la qualità delle proposte tranne che limitarsi  ad una rigida ma insufficiente  applicazione delle regole burocratiche. Eppure unasoluzione esisteva ed era anche semplice da praticare: affidare  i singoli settori a strutture di comprovata esperienza esistenti sul territorio e lasciare che fossero  loro a “guidare” le diverse anime in cui il Forum intendeva spaziare assicurandosi (o pretendendo)  un collegamento reale con gli enti   di promozione turistica  nazionale. Ed evitare la “tragica” distribuzione “a pioggia”  delle risorse.
E’ successo di conseguenza  che il coinvolgimento popolare  è stato scarsissimo, ovvero inesistente in  termini pratici, visto che neanche i locali sapevano che  era in corso un evento, per di più di ambizione internazionale. E non stupisce  allora che, come un segno inevitabile del destino, il Forum iniziato male sia finito anche  peggio con il caos creatosi al conservatorio  di musica San Pietro a Majella per  la cerimonia di chiusura con il concerto/lezione del maestro Muti che ha dovuto registrare, oltre agli immancabili disservizi, anche  episodi preoccupanti per casi di malore verificatisi tra i  presenti. Qualcuno, nemmeno tanto stralunato, si è chiesto: ma il Forum dov’è?  E qualcun altro ancora: ma il Forum cos’è? Perché in futuro per eventi simili si possa almeno rispondere adeguatamente, non sarebbe sbagliato se chi di dovere  procedesse ora  a un’attenta analisi dei tanti limiti che contraddistinguono la nostra capacità (incapacità) di fare cultura.
Antonio Filippetti






2015-01-05


   
 

 

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