E’ un dato condiviso e verificato quello secondo cui lo sport unisce e consolida i rapporti tra i popoli. E tanto per dire, è sempre viva nel ricordo la proverbiale euforia per la vittoria del nostro Gino Bartali al giro di Francia del 1948, che riuscì, secondo fonti affidabili, a sconfiggere addirittura l’idea di una imminente guerra civile. Non v’è nemmeno dubbio che quando le cose dello sport vanno per il meglio anche l’economia (grande e piccola) se ne avvantaggia. Eppure verrebbe da dire che a tutto c’è un limite. E questo limite viene puntualmente superato in occasione degli incontri di calcio. Avviene in tutta Italia .Ogni partita della squadra locale - prima, durante e dopo - viene vissuta come un evento eccezionale, quasi qualcosa da cui far dipendere chissà quali destini. A dare una scorsa ai giornali e alle televisioni il dato è lampante. Una partita persa – magari anche in malo modo – è descritta e analizzata al pari di un evento bellico, una sconfitta militare, ne va di mezzo cioè chissà quale prestigio, e da tutte le parti si sollevano voci di indignata protesta. Si chiedono “ad horas”, rimpasti, dimissioni, epurazioni e forse in un prossimo futuro anche qualcos’altro. Dimenticando ovviamente l’oggetto di cui si discute e che la dignità civile e personale viene offesa in ben altro modo e ben diverse condizioni. Ma non è solo questo: quello che stupisce è il contesto in cui tutto ciò si verifica e che viene del tutto dimenticato, come se tutto dipendesse, tanto per dire, dai goal fatti o incassati. Giusto per fare un elenco sommario e riduttivo, stiamo vivendo una situazione di stallo politico impressionante: con sindaci “sospesi”, con rappresentanti delle istituzioni indagati o sotto processo e con una incapacità decisionale, questa sì eccezionale, visto che tutto è sempre appeso a un filo. Ma non solo: la disoccupazione è a livelli stratosferici enon si intravede una via di uscita, con la malasanità e la malascuola a livelli record, con l’informazione che dice tutto e il contrario di tutto… E poi, “last but not least”, con il malaffare e la criminalità dilaganti, con intere aree dominate da clan e boss vari. E naturalmente pregando tutti i santi patroni di non far piovere più di tanto altrimenti, com’è successo più volte , va tutto in malora. Sembra incredibile che in un panorama del genere l’informazione stessa e l’opinione pubblica (quel che resta) siano tutte impegnate a disquisire sulle “malefatte” di un allenatore o di un terzino, su un tiro sbagliato, una marcatura sfuggita, una “uscita” del portiere avventata e via di questo passo. Una determinata ideologia, ora passata di moda, affermava che la religione era l’oppio dei popoli in quanto ammansiva le coscienze e conseguentemente spegneva lo spirito critico. Poiché come ci ricordauna grande tradizione di pensiero, tutto ciclicamente ritorna, si potrebbe concludere che “mutatis mutandis” abbiamo finito per legalizzare un altro tipo di droga e mandato definitamente in soffitta l’intelletto raziocinante. Antonio Filippetti
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