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Appunti
e spunti dalla pittura di Ennio Calabria
a
cura di Lucio Del Gobbo
Il
forte impegno, subito evidenziatosi, per una espressione che fosse
sensibile alle problematiche sociali, anche in senso semantico,
relativamente al linguaggio e alla sua comprensibilità, non ha vietato
che la figurazione di Ennio Calabria si configurasse in modo assolutamente
originale. L'adesione, già ai suoi esordi, e nel momento di maggiore
egemonia del mercato informale, a gruppi che sostenevano la necessità
di un rinnovamento della figurazione che non fosse in contrasto
con un ideale realistico, non ha impedito che il suo percorso di
ricerca si uniformasse all'unicità del suo sentire e d'intendere
l'arte. Anche la tradizione, seppure invocata per un valore di "appartenenza",
sia nel senso della storia che di una specifica etnia culturale,
non ha influito sul suo linguaggio in termini di nostalgica riesumazione,
ma semmai, per un portato etico di non conformazione all'isolamento,
e quindi a una necessità comunicativa e di rapporti. Il dichiararsi
"figurativo e realista" ed il continuo interrogarsi sul perchè di
questa scelta espressiva, per Calabria è conseguenza di una riflessione
che riguarda il linguaggio ma non soltanto esso. Nell'esigenza che
egli avverte di comunicare c'è implicita una necessità di condivisione
oltre che di comprensione; senza di ciò verrebbe meno il ruolo stesso
dell'artista, e prevarrebbe il silenzio, l'incomunicabilità, il
disagio dell'afasia. Calabria non esclude che si debba sperimentare
anche con mentalità scientifica sul linguaggio, soffermandosi su
particolari aspetti, interessanti anche se relativi (e in questo
senso non nega ma ritiene anzi provvidenziale il ruolo delle avanguardie),
ma trovandosi a scegliere tra un'espessione diretta, che si realizza
per comunicazione esplicita di sensazioni, ed una indiretta che
si trasmette attraverso una riflessione che rischia d'essere cerebrale
e tecnicistica, egli sceglie la prima. Motiva questa scelta con
due ragioni: una etica, come già accennato, riguardante la necessità
di comunicazione e di confronto, e una più individuale e profonda,
che coinvolge il suo modo emozionale e poetico di recepir la realtà.
La "realtà apparente" è per Calabria un presupposto indispensabile
di emozione e di indagine critica che non può prescindere dal porre
in gioco, nell'espressione, l'io profondo, l'originalità e la peculiarità
che appartengono all'individuo: su questa seconda esigenza Calabria
fonda un'idea di effettivo progresso dell'arte ed una continua possibilità
di rinnovamento. Nel suo credo l'artista non può trasformarsi in
puro intellettuale e nemmeno in puro "artefice" nel senso della
manualità e del virtuosismo. Deve invece "porre il proprio sè al
centro della ricerca": è questa un'affermazione fondamentale di
Calabria; il criterio su cui basa la sua ricerca, che è "figurativa"
in quanto corrispondente a stimoli visivi concreti, e "realista"
in quanto riproducente una realtà avvertita sensitivamente, ma anche
spiritualmente, intorno a sè. Calabria considera la coscienza come
"momento successivo e subordinato all'impulso originario": "La coscienza
non crea, ma esegue o articola ciò che quella primaria spinta le
fa pervenire". Per questo ritiene che 'l'opera d'arte che deve essere
un fatto dinamico, nuovo in rapporto a ciò che si sa"; la funzione
intellettuale si genera da quel confronto "critico" spontaneo, che
è interiore e che inevitabilmente si confronta con l'ambiente, con
la società. E' dalla verifica nell'opera di questo credo, qui esposto
per ragioni di chiarezza ma certo con un pò di arbitrio sotto forma
di capitolato teorico, che si evidenza l'originalità dell'espressione
di Calabria. In essa il dinamismo ha un ruolo centrale, ma in un'accezione
non conformistica. L'artista stesso in una recente intervista, ha
considerato come sia sempre esistita nella sua pittura la percezione
di un dinamismo di matrice futurista, con la condizione però che
la trasformazione dinamica della realtà non si concentri più, come
in epoca marinettiana, su una o su alcune ipotesi, ma solleciti
l'introduzione di una infinito di aspetti e di implicazioni. Entra
in gioco la stessa "energia del pensiero" che sconvolge e trasfigura
ogni apparente consistenza materiale. Questa nuova dinamicità si
propone quindi, nell'opera di Calabria, in una logica di cambiamento,
e più esattamente di metamorfosi. E' stato rilevato, e molto lucidamente
anche in un recente studio di Alberto Gianquinto, che la sua figurazione
tende ad essere essa stessa "struttura" energetica soggetta a un
metamorfismo che da elemento sintattico e linguistico acquisisce
un valore poetico forte ed inedito. La materia che si trasforma
come un magma destinato a corrodersi in un contesto dove luce e
spazio si contrastano e si confliggono in una instabilità dialettica
e funzionale: è l'habitat in cui l'uomo, e la donna più spesso ancora,
sperimenta il suo confronto con l'universo, con gli elementi naturali
primigeni che meglio lo rappresentano. Un confronto che. sembra
esprimere un'ansia esistenziale che non ha limiti e collocazione
(ci sarebbe da accertare a questo proposito se i sogni di Calabria
sono sempre "terreni" come spesso si sostiene). Il realismo e la
terrestrità (sensualità), se commisurati all'uomo e alla sua complessità
acquisiscono un significato molto ampio e relativo. Nella lettura
che mi viene spontaneo fare delle "visioni" di Calabria, specie
quelle del primo periodo, c'è una solitudine procurata intorno all'uomo
e il suo spirito (o se non si vuole usare questa parola si legga
"la sua possibilitilà di senso'), alla natura e il suo spirito (al
suo senso), una solitudine che serve a meglio evidenziare la drammaticità
del confronto. C'è lo sforzo di rappresentare e quasi celebrare,
l'epicità, la grandiosità di questo incontro?scontro. La capacità
visionaria dell'artista, palpitante di umanità e resa plastica e
drammatica nell'immagine dall'alternanza di luci ed ombre e da un
contrasto sempre vivo tra aspetti realistici ed informali (Giorgio
Segato), senza essere descrittiva esprime con un'efficacia davvero
unica un confronto che poi è anche emblematico di un conflitto che
è interno all'uomo, tra corporeità e spiritualità. Va considerato
che quella di Calabria non è un'immagine "data", creata e subito
scissa, ma un'immagine associata, coinvolta; c'è insomma una connivenza
e un'intima alleanza, direi persino una consanguineità tra essa
e il suo autore. Ed anche il tempo in cui si genera è un tempo "comune",
condiviso e vissuto oltre che all'unanimità nella contemporaneità.
Se si accetta questa condizione, che io credo reale e non immaginaria,
e poi facile familiarizzare con quella immagine, scrutarla da dentro
e percorrere le infinite strade a cui sembra dare accesso. Naturalmente,
non è immaginabile che una pittura così intesa ed esercitata possa
essere statica anche nel senso della modificabilità in sè. La partecipazione
comporta l'avventura, una scoperta continua e permanente. Nella
pittura di Calabria salta all'occhio una progressività di cambiamento.
Essendo venute meno le categorie tradizionali, si nota un attegiamento
ancora più libero riguardo al linguaggio, niente affatto enunciativo
e legato al "principio". E' stato rilevato a questo proposito un
progressivo avvicinamento all'astrazione e all'informale, che non
è da intendere però sotto un profilo ideologico, ma psicologico.
E tuttavia va anche annotato che la ricerca di Calabria più che
psicologica è poetica, più che Freud e Jung vi infuiscono Rimbaud,
Verlaine, Baudelaire. Nelle opere dell'ultimo decennio entrano aspetti
apparentemente più contingenti del vivere, eppure inaspettatamente
significativi, aspetti metropolitani e di configurazione sociale,
riguardo ai cambiamenti avvenuti per effetto di nuove tecnologie
e della della diversa possibilità di comunicare. Sembra evidenziarsi,
nella visione di Calabria, l'ansia del provvisorio e del relativo,
e una crescente attenzione per la "velocità". Dico l'ansia, non
la paura o un senso esteso di negatività. Calabria guarda ai cambiamenti
valutando anche le nuove opportunità che questi offrono. E nella
sua ricerca è ben presente l'idea che sia possibile recuperare i
valori fondamentali dell' esistenza, ed anche un senso nuovo di
bellezza, attraverso l'apparenza di una loro negazione; come avviene
in genere nel mondo giovanile. Se poi in questa constatazione ci
sia anche insito un desiderio nuovo di stabilità, questo è da verificare.
'Il virus della velocità impedisce alla forma di stabilizzarsi":
è il titolo di una recente opera di Calabria; non penso che sia
da intendere come grido di allarme, c comunque è presumibile che
la "forma", come detta nel titolo, non sia solo considerata come
categoria visiva, ma rivolta al senso e all'interiorità, e cerchi
un "oltre". E mi pare che nella pittura di Calabria, più o meno
evidente c'è sempre stata questa speranza e nostalgia. Un conflitto
che può essere considerato anche drammatico, tra la parte sofferente
e la parte gaudente di se stessi; tra l'esaltazione del sapere e
del possedere e la disperazione di un incognito infinito, oppure,
ribaltando la situazione, tra la consuetudine, la normalità anche
limitante del sapere, e l'esaltazione invece di un'avventura inesauribile
di scoperta. A questo proposito va anche considerato il mutamento
avvenuto nella tavolozza di Calabria. 'I colori acidi", afferma
l'artista, "prima non li usavo. Anzi molti ritenevano che, quando
dipingevo belle donne, lo facevo con dei bei colori, mentre quelli
che uso ora, sarebbero sembrati orrendi colori tipografici. Allora
non avevo capito che il giallo, il nero, sono gli stessi che usa
un tossicodipendente per dipingere sui muri della città. Questo
significa che quei colori sono l'espressione di una modalità o di
un'operazione mentale misteriosissima che una generazione è costretta
a fare per ragioni storiche. Ora utilizzare i colori acidi significa
collegarsi con quel carattere trasversale di trascendenza di una
massa che non ha memoria dell' organicità...". E' quasi un esigenza,
tentare di spiegare c soprattutto di spiegarsi questa immagine che
cambia, e, per il riguardante, il fascino di questa pittura; è un
desiderio quasi automatico di razionalizzare l'attrazione del mutevole,
del misterioso dell'inafferrabile. Mi pare che i fascinosi meandri
entro cui si articolano le figure di Calabria invitano appunto a
questa sensazione di mistero sempre nuovo.
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